Ferrara, 7 novembre 2022 - In tanti avrebbero scommesso che quello sarebbe stato il verdetto, un verdetto annunciato sul quale aleggia il dubbio – più che un sospetto – che i giurati siano stati corrotti. Presi per la gola. La salama da sugo al termine del processo che ha dovuto subire – quasi due ore nelle quali il pubblico ministero e l’avvocato difensore si sono dati battaglia in punta di forchetta e coltello – è stata assolta. Assolta – ha scandito le parole il cancelliere Angelo Giovannini – con formula piena.
Leggi anche A Codigoro torna la sagra del brodo e del bollito: ecco il programma Anche se a ben guardare la salama o salamina che dir si voglia, qualche colpa ce l’ha. Se è una colpa quella di dare piacere al palato – "dispensando piaceri sopraffini", recita la sentenza –, con il consenso di chi in una fredda sera d’inverno affonda i denti in quel concentrato di sapore e calorie, tradizioni e grassi saturi, cultura e colesterolo. Sicuramente colesterolo buono, sempre secondo i suoi estimatori. Che sono tanti e fedelissimi, una provincia che difende a spada tratta un biglietto da visita, una carta d’identità. Qualcuno, più d’uno, al termine del processo a un simbolo – un monumento, ha detto tirando acqua al suo mulino il produttore di salumi Marcello Piazzi, titolare dell’azienda agricola La bosca, ieri teste a favore – avrebbe preferito una condanna, anche se lieve, quella dei domiciliari.
Come hanno suggerito Giovannini e Edoardo Raspelli, critico enogastronomico e conduttore tv, nelle insolite vesti ieri al processo celebrato nel cortile del castello di pubblico ministero. Lui, che ha fatto conoscere il made in Italy e che ha fatto dei piatti un’arte, non ha lesinato accuse alla povera salama finita sul banco degli imputati. Sotto gli occhi del giudice Paolo Govoni, commissario straordinario della Camera di commercio, ha cercato di dimostrare con la consumata abilità di un principe del foro, quanto gravi fossero le accuse. Da far arricciare il naso. L’insaccato – ha bisogno di tre anni per finire a fette sulle tavole – era imputato di essere indigeribile, di contenere in quel cuore morbido un fiume di calorie. Dubbi, tutti da dimostrare, anche sulla sua identità. E, silenziosa a lato della corte, era accusata anche di essere impresentabile. Con un eufemismo, poco estetica. Un bel menù, non c’è che dire. Un curriculum che avrebbe fatto impallidire le gesta del peggio criminale. Così, con frasi sferzanti, l’ha trattata durante l’udienza Raspelli. Una battuta del dibattimento, per far capire quanto aspro sia stato lo scontro tra le toghe.
L’avvocato difensore, maestro d’o ratorio Gianni Polizzi – strenuo paladino di tradizioni, radici di una terra e di tutto quello che fa cultura – carte alla mano ha fatto presente che la salamina il 4 novembre del 2014 è diventata – con il sigillo dell’Europa – prodotto Igp. Raspelli ha storto il naso, dura la stoccata. "E’ ormai un marchio che danno a tutti". Testimonianze e perizie, colpi di scena. Raspelli ha accusato Gabriele Anania – medico nel ruolo di consulente –, di aver sposato la causa della salama. "Qui sono girati soldi?". "No, salamine". Ha risposto ironico e il gi udice ha dovuto riportare la calma in aula, baciata da un tiepido sole, la gente accalcata per sapere come sarebbe andata a finire. Prima delle tv, prima del giornali. Sono stati protagonisti del processo alla salama, in ordine non d’apparizione, Ennio Occhiali (Cusina&Butega), Luca Padovani, esperto di enogastronomia ferrarese, Alessia Martinelli (ristorante La vegana), Vittorio Campanella (Offina integrale), i professori Edgardo Canducci e Anania, Isabella Saladino (funzionario che assisteva la corte), Virginia Cavalieri (miss Emilia Romagna). Nella giuria il sindaco Alan Fabbri, l’assessore Matteo Fornasini, Massimiliano Urbinati, presidente della strada dei vini e dei sapori e preside dell’istituto Vergani, Luca Cimarelli, presidente Holding Ferrara Servizi, Giuseppe Ciani, presidente coop Giulio Bellini, Giorgio Morandi (Unicredit) e Stefano Pelliciardi (responsabile Sgp Grandi eventi). Bravo Raspelli che si è battuto con vigore fino alla fine per farla condannare, tanto di cappello a Polizzi che con l’aplomb di un Perry Mason l’ha fatta assolvere. La salama è libera ora, di essere servita a tavola per Natale. "Assolta, viva la salama", l’urlo liberatorio quanto è stato letto il verdetto.