SILVIA SARACINO
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Ricostruzione, chiese e centri storici sono l'anello debole

Priorità a scuole, fabbriche e case. Fra burocrazia e vincoli architettonici, ecco la mappa completa delle chiese già riaperte

Gli interni meravigliosi del Duomo di Carpi, riaperto dopo 1236 giorni di lavori

Gli interni meravigliosi del Duomo di Carpi, riaperto dopo 1236 giorni di lavori

Modena, 29 maggio 2017 - L’ordine delle priorità nella ricostruzione è stato definito subito dall’allora commissario straordinario Vasco Errani: scuole, fabbriche, case.  Si sapeva, quindi, che le chiese e le opere pubbliche sarebbero state l’ultimo anello nella catena di finanziamenti pubblici e burocrazia. E così è stato. Chiese, canoniche, municipi, teatri, sono ancora in buona parte inagibili, ma soffrono anche le abitazioni nei centri storici perché rientrano nel pacchetto di edifici spesso vincolati dalla Soprintendenza come tante opere pubbliche. 

Veniamo ai numeri. Tra le diocesi di Modena, Carpi, Ferrara, Reggio Emilia, Bologna e Ravenna, le chiese riaperte sono 118, di cui 54 avevano danni meno gravi e sono state riaperte nei mesi successivi al terremoto e 64 sono state aperte in un secondo momento con il Piano delle opere pubbliche i cui finanziamenti sono arrivati per step dallo Stato.  La diocesi che ha subito i danni più gravi è quella di Carpi, proprietaria della stragrande maggioranza delle chiese nella Bassa modenese, epicentro delle scosse.

All’indomani del 20 maggio 2012 il 92% delle chiese era inagibile; a distanza di cinque anni l’inagibilità è passata al 77%, dati che dimostrano tutta la lentezza del percorso. Le chiese riaperte al culto sono 8, tra cui il duomo di Carpi, inaugurato nel marzo scorso dal cardinale di Stato Vaticano Parolin. È ancora chiuso il duomo di Mirandola, così come tantissime altre chiese tra cui quella di San Giovanni a Concordia. 

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Per quanto riguarda la diocesi di Modena, sotto cui rientrano alcuni comuni terremotati, le chiese riaperte sono 26, tra cui quella di Camposanto e la chiesa di Sant’Agostino a Finale Emilia. 

La diocesi di Ferrara conta 21 chiese riaperte (alcune di queste ancora oggetto di lavori ma fruibili), mentre nei comuni del Reggiano hanno riaperto i battenti 23 chiese, nel territorio bolognese 35 e nella diocesi di Ravenna, che ha subito danni limitati alla zona di Argenta, hanno riaperto due chiese.

Nei centri storici più colpiti – Mirandola, Finale, Cavezzo, Novi – i municipi sono ancora immobili nella loro devastazione e sono stati sostituiti da moderni edifici quasi sempre nelle periferie. Ma l’obiettivo dei sindaci è riaprire i Comuni nella loro sede originaria, perchè «solo facendo tornare i servizi comunali nei centri storici riusciamo a salvarli» ha detto il sindaco di Finale Emilia Sandro Palazzi.

I centri si sono infatti svuotati sia di residenti sia di negozi che si sono trasferiti nelle periferie. La difficoltà di ricostruire i palazzi storici, oltre a vincoli della Soprintendenza, sta anche nel mettere d’accordo i proprietari, perché i progetti devono essere armonici e unitari.