
Enzo Maraio, 43 anni, leader del Partito socialista italiano
Enzo Maraio, 43 anni, leader del Partito socialista italiano, perché quest'alleanza di ferro col Pd? "Non è una semplice alleanza. Con il Pd e con Articolo 1, abbiamo costituito una lista tra forze che si riconoscono negli ideali del socialismo europeo: lotta alle diseguaglianze, welfare, lavoro, misure per le famiglie alle prese con il caro vita, l’inflazione che galoppa e una crisi energetica terribile. Più che patto elettorale, un patto sociale che si occupi degli ultimi”.
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Che senso ha oggi un Partito socialista autonomo e col proprio simbolo? “Dopo lo tsunami di Mani Pulite molti dirigenti socialisti di primo piano hanno abbandonato il Psi, anteponendo la loro collocazione personale a un lavoro serio e coerente per difendere la comunità. Questo ha reso più difficile risollevare il partito e renderlo forte come oggi è in molti Paesi d’Europa. Ora c’è una nuova classe dirigente che ci crede, fatta di giovani e competenze: l’eredità è pesante ma la portiamo con orgoglio e responsabilità”.
Calenda troppo inquieto? Come vedete voi socialisti questa tormentata rottura con Azione? "Un capolavoro di incoerenza! Con lo strappo che si è consumato domenica Calenda ha dimostrato tutta la sua inaffidabilità, ma soprattutto di preferire le proprie sorti a quelle del Paese. Voleva indebolire la coalizione di centrosinistra? Succederà esattamente il contrario: ora è in campo una sinistra solida e responsabile, quella che vede al timone il Pd di Enrico Letta insieme a noi socialisti e ad Articolo 1. E sarà premiata dalle urne". La politica italiana è davvero scontro tra due poli oppure c'è spazio per un terzo polo, il famoso Centro? “Il centro un tempo era nelle intenzioni affollatissimo, oggi è quasi deserto e il terzo polo si sta rivelando una grande illusione. Il Rosatellum è un modello elettorale che spinge a stringere patti e favorisce le aggregazioni, non l’isolamento. Di conseguenza la partita è a due e il voto è polarizzato: da un lato è schierata una destra a trazione Meloni determinata a portare avanti un attacco frontale a una idea di Paese ‘aperto’. Dall’altro un centrosinistra che ha, in particolare nella nostra lista, un argine alla destra-destra che si candida a governare il paese: un pericolo da evitare”. Come spiega la conventio ad excludendum verso Italia Viva? Eppure voi eravate nello stesso gruppo parlamentare... "Il gruppo era nato per via di un accordo tecnico e non politico. Tale è rimasto, senza sbocco. Ma siccome siamo convinti che si vince se si rimane insieme, il nostro partito aveva tracciato una linea chiara sin dall’inizio: un centrosinistra allargato a tutti, senza alcun veto o esclusione, salvo mettere da parte personalismi ed egoismi. Il problema è che sono prevalsi questi ultimi".
La famosa e oramai storica diaspora socialista: avete rinunciato a ricomporla? "Prendo in prestito una frase di Nenni: meglio avere torto nel partito che ragione fuori dal partito. Al congresso sono rientrati molti compagni che erano andati via e continuiamo ancora oggi a lavorare per convincerne altri. Ma è prioritario investire su una nuova generazione che interpreti i nostri antichi valori".
Esiste davvero un pericolo-destra oppure assisteremo a un confronto, anche aspro, tra due schieramenti? "La finta unità frutto dell’accordo tra Meloni, Salvini e Berlusconi che consegna la scelta del premier a chi prenderà più voti, di fatto si tradurrà in uno scontro continuo a chi la spara più grossa. Noi faremo una campagna elettorale dove spiegheremo con serietà l’idea di Paese che abbiamo. Attenzione: il risultato non è scontato. Chi vinceva nei sondaggi il 25 luglio non è detto che vinca nelle urne il 25 settembre".