Il tempo passa. E più passa più il virus circola e la protezione vaccinale cala. La prudenza con la quale si è decisa la somministrazione della terza dose, con la cruciale fascia 40-60 che sarà vaccinabile solo dopo il primo di dicembre, ritarda di settimane la copertura. I numeri aiutano a capire. Sappiamo che i vaccini anti Covid iniziano a perdere seriamente di efficacia (specialmente contro il contagio, mentre la copertura è ancora buona per le ospedalizzazioni e la morte) dopo sei mesi. E infatti l’Aifa ha dato il via libera al richiamo dopo i 6 mesi. Ora, sei mesi fa, il 17 maggio 2021 – quando le prime dosi furono 266.757 – i vaccinati totali con prima dose erano in Italia 20.209.920 e con due dosi 9.759.934. Questi ultimi, i vaccinati con due dosi, sarebbero da un punto di vista sanitario vaccinanabili con il richiamo da oggi. Ma sinora – e fino al primo dicembre quando arriverà l’ora delle classi tra i 40 e 59 anni– i vaccinabili sono solo gli over 60, i sanitari, gli ultrafragili. Perché?
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Non certo perché mancano i vaccini o perché le Regioni non sono in grado di aumentare da domani i numeri delle somministrazioni. È una scelta politica. Un problema di mancata urgenza. A ieri i vaccinati con terza dose erano 3.363.079, pari al 61% della platea al quale è stata aperta la vaccinazione. Sono quindi 6.396.855 le persone che hanno completato il ciclo vaccinale da sei mesi e che da un punto di vista sanitario – Aifa docet – sarebbe tecnicamente rivaccinabile. Anzi, sarebbe opportuno che fosse rivaccinato. Ma queste quasi 6.4 milioni di persone (solo 2.5 milioni dei quali vaccinabili a regole attuali) dovranno attendere, con la prima finestra importante che si aprirà quantomeno il primo di dicembre. Una perdita di tempo.
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Considerando che attualmente le terze dosi viaggiano a un ritmo di circa 120mila al giorno (picco di 142mila venerdì scorso) i tempi rischiano di essere biblici a meno di un salto di qualità deciso a partire da dicembre, per arrivare a quelle 350mila terze dosi il giorno di cui parlò il commissario straordinario per l’emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo. E del resto questi sono i numeri minimi che servono. "Di terze dosi – ha detto il generale intervenendo a un convegno della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici – ieri ne abbiamo somministrate 140mila. Ne somministriamo una media di 110-120mila al giorno, tenendo conto delle flessioni fisiologiche del sabato e della domenica". E no, on basta.
Con la decisione di aprire anche ai quarantenni, si aggiungono ai 24 milioni di over 50 già completamente vaccinati, e quindi pronti per la terza dose, altri 7 milioni di persone tra i 40 e 49 anni. Il totale fa 29 milioni. Ci vorrebbero 90 giorni, al ritmo di 320mila somministrazioni al giorno, per smaltirli tutti. Peccato che 320mila sia due volte e mezzo di quel che si sta facendo oggi e che molti hub (che garantivano i grossi numeri di questa estate) siano stati chiusi. Comunque sia, anche al ritmo di 330-350 mila dosi al giorno si finirebbe ben è oltre fine febbraio, considerando nella fascia i 40-60 il via libera scatta dal primo dicembre.
Alcune regioni , va detto, cercano di anticipare la scadenza del primo dicembre. Nel Lazio le prenotazioni per la fascia 40-59 anni sono partite ieri. In Lombardia si potrà prenotare da oggi e il piano prevede anche punti vaccinali nella grande distrubuzione organizzata e nelle stazioni della metro. "Entro fine anno arriveremo a un milione di terze dosi" ha annunciato il governatore Fontana. A giorni prenotazioni aperte anche nel Veneto.
Tra le più decise è la regione Campania che ha buttato il cuore oltre l’ostacolo. "Abbiamo deciso di non aspettare l’inizio di dicembre: chi ha fatto da sei mesi l’ultima somministrazione – ha annunciato il governatore Vincenzo De Luca – può andare senza prenotazione a farsi la terza dose nelle strutture delle Asl. E’ fondamentale correre. Un mese prima un mese dopo può significare salvare l’economia di un territorio o dover chiudere tutto". Se anche altre Regioni facessero lo stesso, il gap potrebbe essere colmato. Altrimenti, scordiamocelo.