Bologna, 25 luglio 2020 - Non avrei mai pensato che i componenti di una intera caserma di carabinieri si potessero trasformare in spacciatori, ricattatori, torturatori. Vuol dire che il sistema non funziona. Spero almeno che i carabinieri farabutti di Piacenza vengano adeguatamente condannati. L'Arma con questi episodi delude i cittadini. Giordano Grossi, Pesaro
risponde il condirettore del Resto del Carlino, Beppe Boni Se parliamo del sistema - carabinieri non si può dire che non funziona. I centomila uomini che vestono la divisa dei carabinieri ogni giorno fanno il proprio dovere in servizio, spendono notti e giorni sulla strada, diversi di loro ci rimettono la vita o restano feriti. Sono il 99%. Il manipolo di delinquenti di Piacenza rappresentano una brutta storia ma sono un'eccezione in negativo. Gli uomini distribuiti nelle singole gerarchie che non si sono accorti per mesi cosa stava succedendo nella caserma Levante di Piacenza dovranno pagare il conto. Perfetto. Il generale comandante dell'Arma, Giovanni Nistri, è un uomo inflessibile, ma giusto. Un signore che da dosare disciplina, carisma, educazione. Uno che non si tira indietro quando c'è da affrontare una grana interna. Ha già rimosso il comandante provinciale di Piacenza e ha fatto bene. Chi ha chiuso gli occhi, ha fatto finta di non vedere o non si è accorto cosa stava succedendo vuol dire che non è al posto giusto. La vita di lusso e spavalda del gruppo è stata coperta per troppo tempo. L'Arma nella sua interezza però non va colpevolizzata. La polizia in Emilia Romagna ha dovuto subire l'onta dei poliziotti assassini della Uno bianca ma resta una sicurezza per i cittadini. I carabinieri non sono quelli di Piacenza sono quelli che leggete qui di seguito. Da un post di Giuseppe Gulino su Facebook. Di caserme ne ho girate. Ho cenato nella sala con il televisore sbilenco prima di un appostamento notturno. Ho visto il piantone raccogliere denunce di smarrimento continuando a rassicurare i due anziani. Ho riposato all’alba in sala d’aspetto e bevuto tutto in un sorso il caffè amaro del distributore. Ho seguito turni di undici, tredici ore. Divise fradice dopo ore di pioggia. Sigarette spezzate a metà e offerte al collega “sbarbato”. Abbiamo cucinato la pasta per far cenare i due arrestati. Abbiamo giocato con il bambino in attesa dei servizi sociali. Ricordo l Appuntato che regalò qualche banconota alla vedova, e quel collega che a fine turno riaccompagnò a casa il ragazzo cui avevano rubato lo scooter. Ho visto alzabandiera e discussioni su come entrare in una piazza di spaccio e fare la colletta per lavare le auto di servizio. Ho mangiato la pizza durante i verbali e bevuto acqua centellinandosi la bottiglietta e ridere piegati in due davanti alla battuta del ragazzo del bar che veniva a ritirare le tazze e commuoversi raccontando dei figli che proprio non riesci mai a vederli. E conosco colleghi che spengono le luci dopo mezzanotte e portano alle sei di mattina il caffè caldo al piantone. E ragazzi che non calcolano orari, si dimenticano delle ernie , scendono un’ora prima del turno, usano la propria automobile per appostarsi dietro l’angolo e il proprio scooter per un pedinamento. Conosco fratelli Carabinieri a cui non ho mai stretta la mano, che adesso se ne stanno muti e incazzati e non hanno di che parlare: puliscono con maggior forza quella Divisa, che deve rimanere lucida e immacolata. beppe.boni@ilcarlino.net voce.lettori@ilcarlino.net