Ancona, 20 giugno 2023 – Si inizia a vedere la luce in fondo al tunnel della vicenda giudiziaria per le per le "Spese facili" in Regione. Dopo quasi dieci anni di tira e molla tra accusa e difesa, fatto di pareri di non colpevolezza e di ricorsi arrivati fino alla Corte di Cassazione, ieri il pubblico ministero Ruggiero Dicuonzo ha formulato 31 richieste di condanna, sei di assoluzione e una di prescrizioni per il processo in corso al tribunale dorico dove il reato contestato agli imputati, consiglieri regionali all’epoca dei fatti o capigruppo in Regione, è quello di peculato.
Per l’accusa avrebbero utilizzato soldi pubblici per spese personali fatte di pranzi, cene, acquisto di libri, occhiali, donazioni di beneficenza, spostamenti, spese postali, di affissione, contratti di collaborazione e altro per un importo di 1,2 milioni di euro. Le 31 richieste di condanna ammontano ad 88 anni complessivi, quasi un secolo, e vanno da un minimo di 2 anni ad un massimo di 3 anni.
Tra gli imputati ancora a processo, per cui la Procura ha chiesto una condanna a tre anni di reclusione, c’è anche il neo sindaco di Ancona Daniele Silvetti, legato all’epoca delle contestazioni al partito Futuro e Libertà. Silvetti, tra il 2008 e il 2012 (il periodo delle contestazioni per le spese facili), era stato consigliere regionale e capogruppo in Regione.
Se venisse condannato la sua carica di sindaco sarebbe sospesa almeno per 18 mesi e con essa lo stipendio e tutte le funzioni che lo riguardano. Lo prevede la legge Severino anche per le condanne di primo grado e senza attendere la condanna definitiva. Silvetti dovrebbe delegare tutte le sue funzioni al vice sindaco, in questo caso Giovanni Zinni.
Nel periodo della sospensione potrebbe ricorrere in appello e attendere che almeno in secondo grado venga assolto per poter continuare ad essere il primo cittadino di Ancona. Insomma uno scenario ancora tutto da scrivere che però pone un primo ostacolo ad un mandato che è appena all’inizio.
La sentenza per le spese facili è prevista per l’11 di luglio. Se arriverà una condanna Silvetti potrebbe passare alla storia per essere stato sindaco per un mese.
La stessa richiesta di condanna a tre anni il pm l’ha formulata per l’attuale presidente del consiglio regionale, Dino Latini (Udc-Popolari Marche). Condanna chiesta anche per il deputato della Lega Mirco Carloni, 2 anni e 10 mesi. Stessa richiesta di condanna per il sindaco di Loreto Moreno Pieroni.
Il processo, originariamente per 55 imputati, è alle battute finali ed è tornato in tribunale dopo il non luogo a procedere del 2016, deciso dal gup Francesca Zagoreo, ma annullato a gennaio 2018 dalla Corte di Cassazione a cui era ricorsa la Procura. Dopo il parere della suprema corte gli atti erano tornati all’udienza preliminare per 60 persone. In quattro avevano scelto l’abbreviato, Adriana Mollaroli, Stefania Benatti, Giovanni Zinni e Lidio Rocchi, trovando a settembre scorso l’assoluzione in appello.
Le indagini della procura dorica, condotte dalla guardia di finanza, riguardano le presunte irregolarità commesse tra il 2008 e il 2012 (si sono prescritti i fatti fino al 2010). Ieri sono iniziate anche le prime arringhe difensive che proseguiranno fino all’11 luglio quando è prevista la sentenza che verrà emessa dal collegio penale presieduto dalla giudice Edi Ragaglia.
Gli imputati hanno sempre sostenuto che le spese effettuate erano per fini lavorativi, per i ruoli ricoperti, nessun sperpero di denaro pubblico. In sette potrebbero uscire dal processo. Per sei di loro il pm Ruggiero Dicuonzo ha chiesto l’assoluzione "perché il fatto non sussiste". Sono Fabio Badiali, sindaco di Castelplanio, Giuseppe Canducci, Massimo Di Furia, Enzo Giancarli, Giuseppe Pieroni e Gino Traversini. Prescrizione per Guido Castelli, oggi commissario del sisma. A febbraio scorso era stata data già una bella sfoltita al numero degli imputati. Per 14 era sopraggiunta la prescrizione.