Alfredo Quarta
Politica

Spacca, il governatore cambia verso: "Addio Pd, ben venga Berlusconi"

"Non chiamatemi voltagabbana. I democratici si sono autorottamati"

Gian Mario Spacca deliziato dall’aroma del tartufo

Gian Mario Spacca deliziato dall’aroma del tartufo

Ancona, 30 aprile 2015 - Gian Mario Spacca, la campagna elettorale nelle Marche per ora è contraddistinta da veleni e pochi contenuti. Forse perché lei è passato dal centrosinistra al centrodestra?

«No, è solo una campagna vera che guarda al futuro della regione. Ci sono due modelli di sviluppo che si contrappongono e per questo i toni sono alti».

Guida la Regione da 10 anni e vuole il terzo mandato. L’accusano di essere attaccato alla poltrona.

«Le cose si fanno per rispondere alla propria coscienza. Il lavoro svolto negli ultimi due anni ha portato a un progetto per il futuro delle Marche che volevamo consegnare al Pd. Dopo il no avevamo due strade: far evaporare tutto o presentarci al giudizio degli elettori. Tutto questo non è per me, ma per i marchigiani».

Ma questo l’ha portata a lasciare il centrosinistra per allearsi con Forza Italia e Ap.

«No. Si tratta di una coalizione progettuale, non politica».

Comunque ora è alleato con chi, nel 2005, la sfidò da candidato di Fi. Si trova a disagio?

«Non ho fatto nessun voltafaccia. Adesso si guarda tanto al cambiamento. Se la politica è futuro si fa con le esigenze della comunità. La distinzione non è tra destra e sinistra ma tra chi vuole creare reddito e chi vuole consumare risorse».

Però alle comunali di Macerata la sua lista si è alleata anche con esponenti di CasaPound.

«Il mio è un progetto regionale e penso solo a quello».

Nessun imbarazzo nelle uscite pubbliche?

«No, i cittadini capiscono lo spirito del progetto».

Si troverebbe a disagio con Berlusconi al fianco in campagna elettorale?

«Ho il massimo rispetto per tutti, ma questo progetto è per le Marche e i marchigiani, non vuole vivere di luce riflessa. Poi se vuole venire non gli dico certamente di no».

Col premier Renzi che rapporti ha?

«Nessuno. Ci siamo visti per l’alluvione di Senigallia e poi sono rimasti rapporti formali per i sostanziosi tagli che ha portato alle Regioni».

Se fosse un parlamentare Pd voterebbe la fiducia sull’Italicum o farebbe come Letta e Bersani?

«Non la voterei. Sosterrei la disobbedienza e resistenza. Siamo troppo diversi, lui è per la rottamazione e noi, nelle Marche, per la longevità attiva».

Il Pd ha cercato di rottamarla.

«Ci ha provato, ma la realtà è che rischia di rottamare se stesso. Ci sarà un motivo se chi ha fondato il partito non ha più la tessera».

Ha in mente la giunta in caso di vittoria?

«Solo l’assessore al Bilancio...».

Se nessuno otterrà la maggioranza, sarebbe disposto ad allearsi con il Pd?

«Non accadrà perché questa elezione è diventata un referendum tra me e Ceriscioli del Pd. Chi vince supererà la soglia del 34% che consegna il premio di maggioranza. Ne sono sicuro».

Se non dovesse vincere cosa farà?

«Non prendo in considerazione questa ipotesi. Comunque quando e se si dovesse verificare tornerei a fare il manager d’azienda semmai in prospettiva internazionale».