Prima perde la villa di famiglia all’asta, svenduta ad una cifra ridicola, poi rischia di vedersi sottrarre anche un terreno edificabile vista mare, l’unico bene che le era rimasto e del quale inizialmente non conosceva nemmeno l’esistenza. Nella serie di sventure che ha colpito una anziana vedova anconetana, ci ha pensato però il destino e l’anima buona di un cittadino che l’ha avvisata di possedere una proprietà prima che le venisse sottratta per usucapione. Siamo in zona Barcaglione, un’area collinare, piena di villette di rilevante valore immobiliare.
Dopo oltre 20 anni, molti dei quali passati tra battaglie giudiziarie, la vedova si è vista restituire un terreno di oltre 3mila metri quadrati di superficie di ingente valore commerciale che rischiava di perdere per una presunta promessa scritta di vendita a soli 27mila euro, risalente indietro negli anni. A porre fine a questa vicenda è stata una recente sentenza della Corte di Cassazione a cui è ricorso, senza risultato, un anziano avvocato protagonista dell’indebito tentativo di sottrazione del terreno alla vedova, dopo che ben due tribunali, di primo e secondo grado, gli avevano dato già torto in merito alla rivendicazione della proprietà del terreno. Tutto inizia nel 2002, quando la villa in via Metauro, finisce all’asta per debiti lasciati dal marito della defunta, deceduto nel 1999, di cui la donna aveva ereditato anche una società, una nota agenzia di viaggi, chiusa con un concordato fallimentare. In quel periodo la vedova era seguita da un avvocato di fiducia del consorte (quello che si voleva appropriare anche del terreno) che avrebbe creato una società per acquistare all’asta la casa della donna a sua insaputa, a maggio del 2004: una villa pignorata, con 9 vani, vista mare e corte con lastrico attorno, alla cifra di 234mila euro. Un affare a dir poco. Nel 2005 la signora fu, forse, indotta a firmare dei fogli in bianco o comunque a sottoscrivere, senza alcuna consapevolezza, una promessa scritta per la cessione del terreno; la cifra indicata come prezzo di 27mila euro, sarebbe stata peraltro compensata per la parcella per averla seguita nelle pratiche del fallimento e addirittura con la asserita rinuncia alla richiesta da parte dell’avvocato, di spese sostenute per l’acquisto all’asta; spese assolutamente non a carico dei debitori. Insomma una sorta di rinuncia alla proprietà di cui la vedova, che in quel periodo soffriva anche di depressione e non era totalmente in sé, non avrebbe avuto contezza. A settembre del 2007 però il suocero della moglie dell’avvocato, ascolta una conversazione a casa tra la figlia e il genero, dove quest’ultimo affermava di aver progettato di appropriarsi per usucapione dei lotti di terreno della vedova, confinanti con la ex casa della donna ormai passata in mano sua. Indignato ha avvisato la vedova. La donna era ignara di tutto.
Pensava che dopo le procedure fallimentari non fosse più proprietaria di nulla. Tramite il figlio, la signora si è informata negli uffici preposti e due lotti erano effettivamente ancora intestati al defunto marito, non acquisiti nella procedura fallimentare e per una buona parte parrebbero anche edificabili e non oggetto di pignoramento di nessun creditore. Così ha incaricato subito un altro legale a seguirla, l’avvocato Manuel Piras, che l’ha portata fino alla vittoria in Cassazione.