di Marina Verdenelli
Uccisa dal marito e lasciata per 4-6 ore in agonia. Ilaria Maiorano forse poteva salvarsi. La donna, 41 anni, mamma di due bambine, trovata morta a Padiglione di Osimo l’11 ottobre scorso, è stata colpita più volte e con violenza tanto che la Procura contesta al coniuge Tarik El Ghaddassi, 42 anni, tunisino, anche l’aggravante della crudeltà. Non solo, la donna ha provato con tutte le sue forze a difendersi dal massacro perché ha riportato fratture sia alle braccia che alle gambe e anche alle mani. I dettagli inquietanti emergono con la chiusura delle indagini preliminari, firmate nei giorni scorsi dal pubblico ministero Daniele Paci. Il tunisino, che è a un passo dalla richiesta di rinvio a giudizio per la morte della moglie, è accusato di omicidio volontario pluriaggravato. Contestazioni che in caso di processo prevedono una condanna da ergastolo.
L’uomo, che si trova in carcere a Montacuto, si è sempre difeso dicendo che Maiorano era caduta dalle scale di casa, una abitazione in via Montefanese, la sera prima, durante un litigio di coppia ma che poi la donna si era rialzata ed era andata a dormire nella cameretta delle bambine. Solo al mattino si era accorto che era morta. Maiorano era stata trovata in un lago di sangue. Ma per la Procura, che ha già notificato alle parti il 415 bis, la chiusura indagini appunto, non ci sarebbe stata nessuna morte per caduta dalle scale. Tarik avrebbe colpito la moglie "in modo reiterato, con pugni e schiaffi" utilizzando anche una sedia e un pezzo di legno. Colpi diretti al volto, alla testa e anche su altre parti del corpo al punto di procurarle lesioni così gravi da causarne la morte. Il movente sarebbe stata la gelosia nei confronti della donna. Le percosse sarebbero iniziate prima nella stanza dove c’erano anche le figlie minorenni, di 5 e 8 anni, la cameretta delle bambine, con le piccole presenti. Poi anche nel salone del primo piano e in altre zone dell’abitazione dove la donna avrebbe cercato "di sottrarsi alla furia dell’uomo" che le ha procurato "plurime lesioni". Un massacro. I colpi hanno raggiunto il volto, il cranio, poi fratture al naso, lesioni al tronco con tre costole rotte, un ematoma ad un rene e uno ad un fianco. E ancora lesioni a braccia, gambe e mani, forse nel tentativo di difendersi da tanta violenza.
La morte per il pubblico ministero è intervenuta "per uno stato agonico protrattosi per 4-6 ore e per un imponente trauma cranico facciale" e diverse emorragie tanto da farla soffocare. Cinque le aggravanti contestate al tunisino: l’aver agito per futili motivi durante un litigio di gelosia in cui ha scatenato una furia violenta e spropositata contro la moglie, aver agito con crudeltà, visto i numerosi colpi inferti e la lunga agonia che ha preceduto il decesso, l’aggravante della presenza dei figli minori, quella dei maltrattamenti e quella di aver commesso il fatto durante l’esecuzione di una pena. Tarik era agli arresti domiciliari quel periodo per un altro procedimento.
Maiorano sarebbe morta tra le 3 e le 6. Il litigio, scoppiato per motivi di gelosia, sarebbe avvenuto dopo l’una di notte, stando alle dichiarazioni del marito rese nell’interrogatorio di garanzia dopo l’arresto. Alle 9.30 del mattino a casa telefona la madre di Ilaria, non aveva ancora sentito la figlia ed era preoccupata, e Tarik la fa parlare con le bambine e dice che è tutto a posto. Poi chiama un parente che arriva a casa e chiama i soccorsi del 118 ma Maiorano era morta. Prima della chiusura indagini le bambine sono state sentite con la formula dell’incidente probatorio e avrebbero visto il padre uccidere la madre.