Muore di epatite contratta a San Benedetto del Tronto per una trasfusione di sangue fatta a seguito di un intervento chirurgico e i familiari vincono una causa legale dopo 26 anni. È stata riconosciuta la responsabilità del ministero della Salute, chiamato a rispondere in tribunale per omessa vigilanza perché avrebbe dovuto svolgere un’attività di controllo in ordine alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell’uso degli emoderivati anche per l’epoca anteriore alla scoperta del virus Hcv. In primo grado era stata dichiarata la prescrizione. Ma i figli della vittima, una famiglia di San Benedetto del Tronto, assistita dagli avvocati Tommaso Rossi, Valentina Copparoni e Vanessa Marini di Ancona, sono andati avanti con la battaglia legale ottenendo un risarcimento di 145mila euro per ciascun familiare della donna morta nel 1998, dopo anni di sofferenze. Il verdetto d’appello è stato confermato dalla Cassazione. L’emotrasfusione venne eseguita nell’ospedale di San Benedetto del Tronto (rpt di San Benedetto del Tronto) nel 1971. Nel 2013 i figli hanno avviato la causa risarcitoria contro il ministero della Salute.
Il Tribunale veva rigettato la domanda per prescrizione ma i familiari hanno fatto appello, nel 2021, e la Corte ha ribaltato il giudizio dando loro ragione e condannando il ministero a pagare 145mila euro per ciascuno dei figli, con tanto di interessi per gli anni trascorsi: provata, secondo i giudici, la responsabilità del ministero "su cui gravava l’onere di svolgere una attività di controllo e vigilanza in ordine alla pratica terapeuta della trasfusione del sangue e dell’uso degli emoderivati anche per l’epoca anteriore alla scoperta del virus Hcv". Il ministero ha presentato ricorso alla Cassazione che poche settimane fa lo ha respinto, accogliendo le ragioni difensive.