Cellulari e schede telefoniche di diverse compagnie che entravano nel carcere di Montacuto a disposizione dei detenuti. Il giochetto è andato avanti un anno, tra il 2021 e il 2022, quando una perquisizione fatta nelle celle dalla polizia penitenziaria ne ha fatti emergere parecchi. Ad usare quei telefonini e quelle sim card sarebbero stati in 21, tutti detenuti di Montacuto e delle più disparate età e provenienza. I cellulari sarebbero girati di cella in cella per mantenere i contatti con l’esterno. Chi chiamavano i detenuti? Dalle indagini che hanno ora portato a processo 21 persone, tra i 31 e i 62 anni, per lo più delle regioni del sud d’Italia, Campania, Puglia, e alcuni anche del Veneto, che maneggiava i cellulari lo faceva per telefonare ai figli, alle moglie, ai fratelli, ai cognati e anche ad una nonna materna. Non erano chiamate una tantum, in alcuni casi le telefonate poi contate estraendo i tabulati sono arrivate anche a più di 50. Un detenuto da solo ne ha fatte 37 alla sorella, un altro 22 alla madre. I 21 imputati sono accusati di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.
Solo ad un detenuto, un campano di 40 anni, è contestato anche il favoreggiamento perché durante i controlli di un compagno di cella avrebbe cercato di distruggere il cellulare per non farlo prendere alla polizia. Ad un altro detenuto, un veneto di 52 anni, sono stati contestati anche la resistenza a pubblico ufficiale e le lesioni per aver picchiato due poliziotti che in cella lo avevano sorpreso a telefonare. I cellulari che giravano sarebbero stati almeno tre mentre le sim card più di cinque e intestate per lo più a stranieri che fungevano da prestanome. Il processo partirà per tutti il prossimo 11 aprile. Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Giuseppe Cutrona, Michele Zuccaro e Elisa Gatto.
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