MARINA VERDENELLI
Cronaca

Si uccide a 15 anni a Senigallia, bullismo: le prove nel cellulare

Il ragazzino tempestato di offese: si scava nelle memorie del telefono e del pc. Sarebbero numerosi i messaggi a lui inviati dal gruppetto di bulli a scuola. L’autopsia conferma il gesto volontario. Il funerale giovedì 17 ottobre

Suicida a 15 anni: nel cellulare e nel pc del ragazzino le prove del bullismo

Suicida a 15 anni: nel cellulare e nel pc del ragazzino le prove del bullismo

Ancona, 16 ottobre 2024 – L’analisi del telefonino e degli altri dispositivi informatici in uso al ragazzo consegnati spontaneamente dai genitori ai carabinieri per accertare se Leonardo, il 15enne che si è tolto la vita sparandosi con la pistola del padre vigile urbano, fosse davvero vittima di bullismo.

La Procura di Ancona, che indaga ancora contro ignoti per istigazione al suicidio, ha affidato la consulenza tecnica al perito informatico forense Luca Russo, ieri mattina, chiedendo di fare una copia di tutti i contenuti trovati nel cellulare, nella playstation e nel computer portatile del minorenne per cercare prove compatibili con l’ipotesi di reato formulata.

Il tecnico avrà 60 giorni di tempo per relazionare alla pm Irene Bilotta che coordina le indagini dei carabinieri di Senigallia. Non si scava solo sui messaggi che il 15enne potrebbe aver ricevuto o chat di classe ma anche sul contenuto delle navigazioni in rete potenzialmente fatte dal giovane. Il ragazzo avrebbe ricevuto numerosi messaggi offensivi sui social e nelle chat. Frasi irriferibili e soprattutto per lui insopportabili.

Sull’atto volontario anche l’autopsia, eseguita ieri pomeriggio dal medico legale Eva Montanari, all’ospedale di Torrette, non ha lasciato dubbi. Leonardo ha sparato un colpo solo che è stato mortale. Il decesso sarebbe avvenuto poco dopo aver lasciato l’abitazione del padre, a Montignano di Senigallia, dove aveva cenato con il genitore per poi scendere al piano di sotto dicendogli che andava a giocare un po’ con la playstation.

L’esame autoptico è durato più di quattro ore e la salma verrà restituita ai familiari per il funerale che verrà celebrato domani alle 15.30 nella chiesa di Montignano. La madre e il padre del ragazzino ieri hanno atteso fuori dall’istituto di medicina legale che terminasse l’autopsia, assistiti dal loro legale, l’avvocato Pia Perricci.

I carabinieri di Senigallia hanno informato dei fatti accaduti tra domenica notte e lunedì sia la Procura ordinaria che quella dei Minori ed è facile dedurre che anche nella seconda verrà aperto un fascicolo anche se non sono arrivate conferme dirette. Il coordinamento investigativo è nelle mani di entrambe le due Procure.

La denuncia che la mamma del 15enne ha fatto ai carabinieri di Marzocca, lunedì pomeriggio, inerente il bullismo subito dal figlio, tira in ballo due minorenni, un ragazzo e una ragazza, entrambi 16enni, compagni di classe di Leonardo, e un altro giovane di origine straniera di cui hanno indicato una descrizione e che sarebbe maggiorenne.

Le indagini dei carabinieri sono serrate e coperte dal massimo riserbo in queste ore anche per l’età delle persone coinvolte, per delineare con certezza in quale contesto sia maturata la decisione del 15enne di togliersi la vita sparandosi con la pistola del padre.

Un’arma ben custodita, stando al legale della famiglia, chiusa a chiave in una cassaforte a sua volta contenuta in un armadio anche questo chiuso a chiave. Leonardo però domenica sera ha trovato le chiavi per aprire entrambi e prendere l’arma. Con il cellulare in tasca, scarico, le cuffiette, un giubbetto e dei soldi in tasca è uscito senza dire nulla percorrendo a piedi quasi due chilometri, la distanza da casa sua al casale disabitato dove è stato poi trovato lunedì mattina grazie ad un drone usato per le ricerche dall’alto. Venerdì il minorenne aveva detto al padre che non voleva più andare a scuola per via dei compagni che lo offendevano e si erano accaniti più volte contro di lui. Compagni che Leonardo aveva provato anche ad affrontare, raccontando alla madre «ho fatto l’uomo, gli ho detto di fare basta e gli ho stretto la mano«. Ma non sarebbe servito. In classe, per non sentirli, spesso si metteva le cuffiette.