
L’anconetano Sergio Volpini e la sua grande passione: il windsurf
Ancona, 24 ottobre 2019 - Era entrato nella casa del Grande Fratello nel settembre del 2000 come 'Sergio, aitante surfista di Ancona'. Ne è uscito, dopo 57 giorni di reclusione, come 'L’Ottusangolo', così soprannominato dalla Gialappa’s Band che a sua insaputa aveva creato in poco meno di due mesi un nuovo personaggio a uso e consumo del pubblico italiano, scaturito da un abile montaggio dei suoi discorsi più sconclusionati. Una vera sorpresa per Sergio, che allora aveva solo 25 anni e che si aspettava dal programma ben altro tipo di popolarità. Come ha vissuto Sergio quell’esperienza? Cosa è rimasto oggi, a quasi 20 anni dalla prima, contestatissima, edizione dello storico reality show? Ed è riuscito in questi 20 anni a riappropriarsi della sua vita e voltare pagina una volta per tutte? Ci racconta tutto in questa intervista.
Sergio, durante un suo recente intervento all’Università ha rilasciato dichiarazioni sul Grande Fratello che subito sono rimbalzate su giornali e televisioni. Se lo aspettava? «Assolutamente no, e ancora una volta mi sono state attribuite frasi fuori contesto, che non rispecchiano il mio pensiero. Il discorso che ho tenuto durante questo convegno è stato talmente d’effetto che i ragazzi al termine sono scoppiati in una risata e mi hanno applaudito».
Davanti agli studenti ha anche detto «ormai morirò da Ottusangolo» e ha parlato di gelotofobia (la paura di essere derisi): vogliamo chiarire una volta per tutte cosa ha rappresentato per lei questo personaggio? «Ho detto che su una persona più fragile di me, sentirsi dare dell’imbecille da mezza Italia avrebbe potuto essere deleterio. Ma nel mio caso non è stato così. Il Gf infatti per me non è stata un’esperienza negativa o che mi ha rovinato la vita come qualche giornalista ha scritto. Anzi. E’ stato formativo, ho capito fin da subito una volta fuori quali fossero i meccanismi televisivi e li ho ‘cavalcati’ finchè è stato possibile. La satira della Gialappa’s mi ha forgiato, e quando ho realizzato che il prodotto ‘Sergio Volpini’ non tirava più mi sono ritirato dalle scene, definitivamente».
La scelta di lavorare e vivere diversi mesi all’anno all’estero è dovuta anche a questo? «Sì, una volta varcati i confini nazionali tornavo a essere un signor nessuno. Noi primi concorrenti del Grande Fratello, che fu anche il primo reality mandato in onda nel nostro Paese, eravamo cavie, assolutamente inconsapevoli e impreparati a ciò che ci aspettava una volta fuori»
Cosa ricorda del momento in cui è uscito? «Mi ero preparato molto prima di entrare nella casa, avevo visto video e letto diverse cose sui reality negli altri Paesi e credevo di poter dare al pubblico un’idea precisa di me. Quando la Bignardi una volta in studio mi ha mostrato i video della Gialappa’s ero sorpreso, ho capito che era uscita un’immagine completamente diversa da quello che credevo, molto caricaturale. E io per un po’ su questo ci ho anche giocato. Noi concorrenti della prima edizione eravamo parte di un esperimento, allora non c’erano gli interventi esterni, non sapevamo veramente nulla di quello che accadeva fuori da quelle quattro mura».
A lei cosa è rimasto di quell’esperienza, che nel 2020 festeggerà il ventennale? «E’ stato come lanciarsi con il paracadute, ho partecipato con lo spirito dell’avventuriero. Non a caso sono un amante degli sport estremi e ad alto tasso di rischio. Il Gf è stata una parentesi della mia vita. Quel tipo di successo è una trappola psicologica, ti fa credere che sia un tuo merito ma non è così. Essere deriso da mezza Italia poi poteva anche portare a un crollo psicologico, che io ho evitato con un’operazione di sdoppiamento della personalità. Oggi si parlerebbe di bullismo, allora era solo satira».
Perchè ha deciso di lasciare il mondo televisivo? «Ho lasciato quando ho capito che non potevo più controllare nulla, per tutti ormai ero Sergio del Grande Fratello e non avendo particolari doti televisive non è che potessi pretendere chissà cosa. Non sono certo Bonolis io. Ancora una volta la mia formazione da sportivo mi ha aiutato a capire i miei limiti e ad accettarli».
E’ ancora in contatto con i compagni di avventura? «Marina La Rosa è una delle mie migliori amiche, tra le poche persone con cui riesco ad essere pienamente me stesso. E pensare che dentro la casa ci odiavamo!».
Dopo l’addio alla tv ha aperto un’agenzia di comunicazione a Milano. E da alcuni anni ha iniziato a viaggiare per il mondo come commerciale estero. C’è un suo luogo del cuore? «Porto sempre con me il Monte Conero, abbiamo un legame ancestrale. E’ onde, vento, surf, mare di inverno e in primavera, sento questo rapporto molto forte con la natura locale. Il Monte Conero è una metafora: è difficile, con salite e discese ripide ma poi ti ripaga della fatica con il suo mare, il vento e quegli scorci incredibili che io, pur avendo viaggiato per mezzo mondo, non ho più trovato in nessun altro posto».
Il Conero che si lega anche alla sua più grande passione, il windsurf. «I primi autografi li ho firmati da surfista, è molto più appagante diventare famosi per meriti sportivi che per meriti televisivi. A 18 anni ero campione italiano di windsurf e a Numana da alcuni anni ho aperto la scuola Kingconero, un gioiellino dove lavoriamo moltissimo anche con ragazzi disabili. Gestiamo per il Comune il servizio di accesso al mare e alla spiaggia, e si è creata una bellissima comunità solidale tra allievi e istruttori».
Riesce a conciliare le due attività? «Sì, faccio base sul Conero da giugno fino a ottobre, poi riparto per l’estero. Ma sto pensando di fermarmi di più, di prendermi una pausa anche da questo». © RIPRODUZIONE RISERVATA