
Conosciamo tutti il poeta fiorentino dal naso adunco, ma siamo davvero consapevoli dell’eredità che ci ha lasciato? Anche a settecento anni dalla morte del sommo poeta, continuiamo a usare espressioni da lui inventate nei nostri discorsi quotidiani, spesso senza accorgercene. È merito suo se possiamo chiamare "bolgia" il traffico in centro città, definire "senza infamia e senza lode" il film visto la scorsa sera, vantarsi con uno straniero di vivere nel "Bel paese", o concludere filosoficamente "non ragioniam di loro, ma guarda e passa" dopo un litigio: sono tutte espressioni coniate da lui, le più famose.
Ma non bisogna dimenticarsi di altre parole, così comuni da passare inosservate: per esempio, l’aggettivo "mesto", "fertile" o "molesto"; oppure l’espressione "note dolenti".
Ma non finisce qui. Ci sono un’infinità di neologismi danteschi, anche se meno conosciuti: Dante ideò molte parole con il prefisso "in", come per esempio "ingemmarsi", che vuol dire adornarsi molto, "inforsare" (da "forse") cioè rendere dubbio, "indiarsi" ovvero avvicinarsi a Dio e il simile "imparadisare": innalzarsi al Paradiso. Sono i famosi verbi parasintetici, formati da un prefisso e una parola già esistente.
Altri esempi sono "trasumanare", superare i limiti umani, e "adimare", volgere in basso. Per altre parole si è ispirato a vocaboli antichi, come "piluccare". Qualcuno potrebbe chiedersi: perché riflettere su un poeta morto settecento anni fa? Ma nel festeggiare il settecentenario della morte di Dante non bisogna solo concentrarsi sulla vita e sulle opere di questo poeta, ma anche sull’importanza della lingua. E’ grazie alle parole che possiamo esprimere sensazioni, gioie, disagi, ma non solo: grazie alle parole possiamo trasformarle in arte. Se i numeri sono l’alfabeto dell’universo, le parole sono l’alfabeto delle emozioni: e in questo caso non esistono elementi ridondanti, o superflui. Ad esempio, perché usare entrambe le parole "arrabbiato" e "infuriato" se sono sinonimi? Perché la seconda è più intensa della prima! Questo è solo un esempio per mostrare che abbiamo bisogno di diversità linguistica. Pensiamo alla neolingua del libro "1984" di Orwell che, riducendo il numero di parole, ha l’intento anche di ridurre i pensieri dell’individuo.
Abbiamo bisogno delle parole e delle sfumature che le rendono distinte dalle altre. Perciò ringraziamo Dante per il contributo che ha apportato alla nostra bellissima lingua, e impariamo ad apprezzare il valore della parola, d’altronde… "Fatti non foste a viver come bruti".
Valentina Ventura IIIAOS