di Roberto Damiani
Ore 12.44 di sabato 13 agosto, municipio di Pesaro. La porta è aperta, ma è tutto vuoto. Una signora timorosa emerge dalla paratìa di un bancone: ’Dove sta andando?’ "Mi aspetta il sindaco". Tre porte ancora, e poi si arriva a destinazione. Matteo Ricci (in carica dal 2014, eletto sempre al primo turno, pesarese, 48 anni, sposato, due figli, laurea in Scienze politiche, funzionario del Pd in aspettativa, stipendio netto di luglio 3.500 euro, 834 quelli che versa ogni mese al Pd) è in camicia bianca e zainetto ancora in spalla. È appena sceso dal monopattino. La sua stanza dà su piazza del Popolo, i mobili sono tre. La foto del presidente Mattarella c’è, seppur appoggiata, la bandiera italiana in un lato, intorno è un trionfo di gagliardetti, magliette, bandierine, palloni da basket, di calcio, volley, racchetta del padel, un trattore di carta, macchinine, borse e loghi di ’we pesaro’ come farfalle in volo.
Sindaco, qui sembra di essere in un ufficio marketing. Le piace il settore?
"Assolutamente sì. Fare comunicazione, promuovere eventi, brand, organizzare manifestazioni è sempre stata la mia passione fin da piccolo".
Se lasciasse l’impegno pubblico, avrebbe un lavoro.
"Sicuramente, ma non è il momento. La mia passione è ancora la politica".
Per giorni ha pensato di candidarsi alle elezioni, poi ha rinunciato. Paura di perdere?
"No, paura per Pesaro. La legge discrimina i sindaci di città con oltre 20mila abitanti, i quali dovrebbero dimettersi per correre alle politiche mentre presidenti di regione, consiglieri, deputati europei non hanno quell’obbligo. Se fossi stato eletto, il comune di Pesaro sarebbe stato gestito dal commissario prefettizio. Non ho accettato questa eventualità. La città ci avrebbe rimesso".
La accusano di essere più a Roma che a Pesaro.
"Liberi di pensarlo ma non è vero e comunque non lo vedo come un danno. Pesaro è diventata una città di carattere nazionale, non c’è più bisogno di dire che siamo vicini a Rimini. Ora Pesaro esiste, conta e si fa sentire".
Ha più potere un sindaco o un partito?
"Sta cambiando tutto e i sindaci contano perché sono riconoscibili. L’idea di Letta era di candidarne i più rappresentativi, ma poi non è andata così per la legge discriminatoria. Vediamo ora di proporre candidati forti. Noi discutiamo su Morani, Biancani e Vimini".
Lei suscita odi oppure grandi amori tra i cittadini. Si è chiesto il perché?
"Non cerco di piacere a tutti, penso a fare ciò che dico, evitando gli errori".
Quanti se ne ricorda?
"Di cosa?"
Di errori.
"Uno in particolare: aver sottovalutato inizialmente la pandemia. Non mi consola il fatto di esser stato in buona compagnia. Mi sembrava impossibile quello che succedeva. Quando poi mi ha chiamato il dottor Gnudi del pronto soccorso dicendomi che si preannunciava un flagello di morti e di malati, mi sono reso conto di tutto".
Ha chiesto scusa?
"Scusa no, perché non c’era malafede ma solo mancata informazione. Mi ero fidato di ciò che si diceva in quel momento".
Che Pesaro vuol lasciare?
"Viva, senza ghetti, a misura dei giovani e dei deboli, attrattiva, bella, pulita, colta. E dev’essere capace di investire 1,8 miliardi di euro che abbiamo ottenuto, per avere quartieri curati, l’ambiente difeso, scuole, strade, la ferrovia che passa fuori dal centro, l’interramento della statale, un’urbanistica lungimirante, lavoro e una solidarietà palpabile. Io questo lo sto facendo e l’essere città Capitale italiana della cultura 2024 cambierà per sempre l’immagine di Pesaro".
Come vuol esser ricordato?
"Mi piacerebbe che i pesaresi dicessero: Ricci ha lasciato il segno".
Ma quando dovrebbero dirlo?
"A fine legislatura e anche dopo. Ancora è presto".
Negli uffici c’è chi l’accusa di usare il pugno di ferro e di avere il cerchio magico.
"Ho alcune persone di cui mi fido di più e non ci posso far niente. Con me bisogna correre. Io lavoro per cambiare le cose".
Ha amici?
"Quasi tutti quelli della mia infanzia e adolescenza".
Si è mai accorto di trovarsi di fronte qualcuno, uomo o donna, che voleva corromperla?
"No e, a parte la denuncia, l’avrei buttato fuori. Io sono onesto".
Trova il tempo di stare a casa?
"Sì, ma a volte manca la presenza mentale".
Chi vincerà alle elezioni?
"Non so, la campagna elettorale sarà rapida e imprevedibile".
Domanda di riserva: quanto costa il biglietto dell’autobus a Pesaro?
"Uhm, 1,5 euro?"
No, meno: 1,25 euro.
"Meglio, ma io vado in bici e monopattino ed è così che parlo tutti i giorni con i cittadini".
E Ferragosto dove lo passerà?
"Lontano dal mare. Sarò a Roma alla direzione Pd. Non è tempo di riposi e passeggiate".