MARINA VERDENELLI
Cronaca

"Io, picchiata a sangue per aver messo i leggings. Mi voleva uccidere"

Intervista a Sabrina Leo sfuggita alla violenza del compagno. "Ho visto la morte in faccia, sono riuscita a chiamare la polizia. Non voleva neanche mi truccassi". Il 43enne è stato arrestato

Sabrina Leo ha trovato la forza di denunciare il compagno violento

Ancona, 14 aprile 2023 – E’ nato tutto perché lei indossava un paio di leggings. Non avrebbe dovuto osare tanto così il compagno, 43 anni, originario di La Spezia, l’aveva picchiata, geloso di quei pantaloni troppo attillati. Per colpirla aveva usato anche una stampella, che serviva alla donna per camminare. L’uomo, residente ad Ancona, è stato arrestato il 14 marzo scorso, dalla polizia. Il 5 aprile è stato condannato dal tribunale a 2 anni e 10 mesi per maltrattamenti in famiglia e percosse. La donna, sua convivente, 38 anni, era finita in ospedale con una prognosi di 25 giorni. Il giudice ha condannato il ligure anche a 20mila euro di risarcimento alla compagna, parte civile con l’avvocato Alessia Bartolini. L’imputato ha un altro processo pendente, in Lombardia, dove la vittima è sempre la sua compagna. La coppia infatti si era allontanata ma poi aveva ripreso a vivere insieme, ad Ancona, insieme ai due loro figli. Il giorno dell’aggressione avvenuta nel capoluogo dorico lei era finita in ospedale con un occhio tumefatto e lividi in gran parte del corpo. Il movente era stata la gelosia ossessiva che lo avevano portato ad installare anche delle telecamere in casa per controllare la compagna, quando lui non c’era. Per chiedere aiuto la 38enne aveva chiamato il 112 senza però parlare ma lasciando la chiamata aperta che è stata geolacalizzata dalla polizia. Al Carlino racconta l’incubo vissuto.

Sabrina Leo, lei è stata picchiata con una stampella per aver indossato dei leggings. Possibile che nel 2023 succedano ancora queste cose?

"Purtroppo sì e io sono fortunata che lo posso raccontare con la mia voce e non sono altri a doverlo fare con una mia foto in mano perché troppo tardi. Indossavo proprio dei leggings, con una maglia lunga sopra, nemmeno avessi avuto una minigonna. La gelosia del mio compagno era morbosa nei miei confronti ma così violento come quel giorno non lo avevo mai visto. Ho temuto davvero che non sarei arrivata all’ora di cena e non avrei rivisto mai più i miei figli".

Cosa è successo quella mattina?

"Avevo portato i bambini a scuola, mentre il mio compagno ancora dormiva, e verso le 8.30 sono tornata a casa. Lui era sveglio, l’ho salutato. Mi ha squadrata dall’alto al basso e ho capito che sarebbe successo qualcosa infatti ha iniziato ad insultarmi perché avevo i leggings. Diceva: ‘ti sembra il modo di andare in giro? Chissà quanti uomini ti sei portata a casa quando io non c’ero’. Poi mi ha aperto l’armadio e ha iniziato a tirare fuori tutti i miei vestiti, diceva che non li dovevo più mettere che avrebbe fatto dei sacchi da portare alla Caritas. Mi aveva lasciato solo qualche tuta, quelle le potevo indossare. Ho cercato di calmarlo ma lui ha preso la stampella, che in quei giorni mi aiutava a camminare perché ho avuto un problema alla caviglia e indossavo un tutore, e con quella mi ha colpito alle gambe. Poi mi urlava: ‘ti gambizzo, ti faccio finire sulla sedia a rotelle’".

Il problema erano i vestiti?

"No, anche il trucco. Quella mattina mi ero messa una matita nera sugli occhi, a lui non andava bene, non voleva che mi truccassi, mi ha detto che non sarei più uscita di casa, poi mi ha dato un pugno in faccia e voleva il mio telefono. Io ero riuscita a nasconderlo dentro un cassetto della cucina. Una fortuna perché poi me lo sono messo in tasca e ho chiamato il 112 senza parlare sperando che sentissero quello che mi faceva e che mandassero qualcuno a salvarmi. Dopo il pugno mi ha picchiato con la stampella, anche sulla caviglia dolorante, io lo imploravo di fare basta, gli urlavo smettila così me la rompi. Mi ha spinta contro una porta a vetri che ho sfondato ferendomi. Poi diceva che i nostri figli avrebbero trovato il padre che uccideva la madre, mi ripeteva ’ti faccio a pezzi e ti rispedisco in Lombardia’. Poi è suonato il campanello".

Erano i soccorsi?

"C’era la polizia, a lui lo hanno portato in una stanza, ha avuto il coraggio di dire ’non posso discutere con mia moglie?’. Noi non siamo sposati. Io ero piena di sangue addosso, mi hanno chiamato una ambulanza e lui continuava a minacciarmi ’ti ammazzerò lo stesso, ti faccio tutta a pezzi’".

Già una volta lo aveva denunciato. Perché è tornata con lui?

"Pensavo fosse cambiato, sono stata innamorata al punto di credere che fossi io quella sbagliata. Da fuori posso sembrare pazza ma lui mi aveva plagiata, ero entrata in un tunnel, succube e debole. Adesso ho capito chi è perché ho visto la morte in faccia. Voglio ritrovare la mia dignità, sono una donna, valgo e vado rispettata. Anche per questo ho voluto raccontare la mia storia, per aiutare le altre donne a non vergognarsi e denunciare". Cosa si aspetta dalla vita?

"Di svegliarmi felice, avere tranquillità per me e i miei figli e lavorare perché lui mi impediva anche quello".