"Anche a Jesi è stato destinato un ospedale di comunità dove l’assessore regionale alla sanità ha stanziato 6 milioni di euro ma ha modificato il progetto iniziale riducendo notevolmente la superficie della struttura, pur dovendo offrire un servizio per oltre 120mila cittadini. La sede è stata stabilita nello spazio verde antistante l’Ospedale Carlo Urbani, ma al momento non si vede alcuna costruzione nè macchinari per la costruzione della struttura". Ad andare all’attacco è il noto medico jesino Augusto Taccaliti della segreteria Mre di Jesi sui nuovi edifici che dovrebbero sorgere davanti al pronto soccorso per un investimento di 2 milioni e 631mila euro per la casa della comunità destinata a medici di medicina generale e pediatri e 6 milioni e 321mila euro per l’ospedale di comunità.
"L’anno scorso come partito – aggiunge – abbiamo organizzato un incontro in cui si parlava del recupero dell’ospedale Augusto Murri, vecchio ospedale posto dietro al Carlo Urbani e tutt’oggi parzialmente utilizzato dall’Ast. Il progetto avrebbe avuto probabilmente dei tempi minori rispetto alla costruzione ‘de novo’ di un ospedale i cui tempi si aggirano mediamente tra i 10-15 anni. La ristrutturazione dell’Ospedale Murri avrebbe permesso di utilizzare i fondi del Pnrr perché si tratta di ristrutturare e migliorare un edificio già esistente. Tra l’altro con l’ospedale di comunità da costruire ulteriore è la perdita di area verde anche se attualmente non curata. Le possibilità per migliorare la sanità pubblica esistono – aggiunge Taccaliti -: l’importante è volerlo politicamente".
"Se la Regione Marche è in una situazione critica – rimarca il medico - la Vallesina e soprattutto Jesi non è da meno. Infatti, l’ospedale Carlo Urbani si trova a dover rispondere alle esigenze sanitarie per una popolazione di oltre 120mila cittadini ma con un personale sanitario (medici, infermieri, Oss, ecc…) e posti letto per acuti numericamente uguale al periodo in cui soddisfaceva le esigenze di non più di 50-70mila persone. Il paradosso è che la situazione si è aggravata dopo la pandemia Sars-Covid19 quando invece si pensava al ritorno alla normalità. Non è possibile soddisfare le richieste di più del doppio della popolazione (120mila contro 70mila) che presenta molte più patologie perché la vita si è allungata rispetto a 10-15 anni fa. Non si può pretendere di dare assistenza qualificata ai cittadini, ma la qualità del servizio intesa come qualità di assistenza e cura sembra non interessare nessuno soprattutto ai politici".
Sara Ferreri