REDAZIONE ANCONA

Olimpiade agrodolce. Marini prova la riscossa: c’è la medaglia d’argento nella gara a squadre

Il campione anconetano dopo l’amarezza per l’eliminazione nell’individuale

Argento amaro per Tommaso Marini sulla pedana del Grand Palais di Parigi. Argento di squadra che rispecchia l’andamento della finale con il Giappone che nei momenti decisivi mette a segno le stoccate che gli permettono di arrivare sul gradino più alto del podio.

"Solo" argento per Marini e compagni. La tensione traspare dal viso dell’anconetano, l’inizio contro Shikine è difficile. Non è affatto una finale semplice da decifrare, per l’anconetano del Club Scherma Jesi e delle Fiamme Oro. Prima la tensione contro gli Usa in cui l’azzurro sfoga tutte le sue emozioni per l’accesso in finale dopo le delusioni di pochi giorni fa per la prova individuale.

Poi questa finale tesissima, con una tensione palpabile che si vive sugli spalti, dopo il bronzo francese, quanto a bordo pedana e sulla pedana stessa. Marini soffre l’inizio, poi sorride alla rimonta di Guillaume Bianchi, assiste e fa il tifo per Filippo Bianchi che contro Matsuyama rimette in gara gli azzurri di Cerioni (14-15). Poi c’è l’infortunio alla mano di Bianchi, che è costretto a riprendere la gara perché poco prima prima l’Italia ha sostituito Macchi con Foconi.

Bianchi si infortuna, ma dopo alcuni minuti di grande tensione riesce a risalire in pedana, alla fine del suo turno il Giappone conduce 34-35 e allunga contro Foconi, volando sul 34-40. Così l’ultimo assalto, quello di Tommaso Marini, è una "mission impossible" che comincia proprio in quel momento, gli occhi sono tutti su di lui e su Imura.

Marini deve metterci tutto il cuore, tutta la tecnica, tutta la sua capacità di gestire una situazione così difficile, ma partire dal -6 è durissima. Prova a cambiare il ritmo, a sorprendere Imura, una situazione difficilissima, l’avversario tocca ancora e si porta sul 34-42, la situazione sembra davvero irrimediabile per l’Italia e per Marini, che le prova tutte.

Ma il Giappone se ne va, nove stoccate di vantaggio, poi dieci, l’oro sfuma secondo dopo secondo, servirebbe un miracolo, ma anche di più. La parata e risposta di Imura viene annullata dagli arbitri, ma poi arriva quella definitiva che consegna l’oro al Paese del Sol Levante e fa masticare amaro agli azzurri, costretti ad accontentarsi dell’argento.

Il campione anconetano aveva versato lacrime appena finita la sfida in semifinale. Lacrime di gioia per aver raggiunto la finale che, in cuor suo, sperava finisse con l’oro. Troppo grande la delusione per l’eliminazione dalla gara individuale dove era tra i super favoriti. Poi la sfida conclusiva col Giappone che non ha portato il metallo più pregiato, ma comunque è stata una mezza rivincita. Ora non resta che ricordare le parole di De Gregori: un campione lo si vede dall’altruismo, dal coraggio, dalla fantasia. Alla prossima.