REDAZIONE ANCONA

"Nove anni sotto processo per un errore"

Un muratore senigalliese è stato assolto dopo nove anni di calvario per un errore giudiziario legato a un presunto furto con destrezza.

Si è chiusa ieri mattina un’incredibile vicenda giudiziaria, che ha visto per protagonisti un cittadino senigalliese e una giovane donna di origini russe. I fatti risalgono al 2015, quando la donna si è presentata al commissariato di Senigallia, denunciando di avere subito un furto con destrezza in una via. In sede di denuncia la donna aveva dichiarato di essere stata affiancata da una Punto rossa e di avere subito il furto con destrezza della borsa appoggiata sul cestino della bici da parte di un uomo brizzolato, che si era sporto dal finestrino. Dopo pochi giorni, secondo la ricostruzione dell’avvocato che difende il senigalliese, la vittima era tornata in commissariato per fare presente di avere riconosciuto, parcheggiata in una strada della città, l’auto che l’aveva affiancata per commettere il reato. L’auto, una Panda rossa, era risultata appartenere al muratore senigalliese che, "a causa di un errore – dice il difensore –, ha subito nove anni di calvario". L’uomo, difeso dall’avvocato Roberto Paradisi, è stato assolto ieri con la formula più ampia (per non avere commesso il fatto) dal giudice monocratico del tribunale penale di Ancona, dottoressa Passalacqua. Nel corso dell’istruttoria e poi della discussione finale, sono state passate al setaccio tutte le incongruenze e le contraddizioni emerse: dall’auto prima esattamente individuata per una Punto e poi identificata invece per una Panda alla descrizione sommaria del ladro, le cui caratteristiche fisiche non corrispondevano a quelle del muratore indagato, dalla targa prima descritta come "rovinata" e poi leggibile alle sfumature del colore dell’auto, fino alla mancata identificazione fotografica del presunto autore del furto. "Non si doveva arrivare a dibattimento – ha spiegato l’avvocato Roberto Paradisi nella discussione finale –, perché fin dall’inizio tutti gli indizi apparivano imprecisi e contraddittori e risultava evidente che si era di fronte a un clamoroso abbaglio della vittima. Quest’uomo è stato vittima di un pesante errore giudiziario". Per questo, l’avvocato ha chiesto l’assoluzione senza nemmeno formulare le ipotesi subordinate, invocando una sentenza netta del tribunale. E così è stato.