
Non è vandalismo. Anzi, è un lavoro che regala "ornamento, valore e visibilità ad un’opera pubblica grigia e anonima". Qualcosa che migliora il paesaggio, insomma. Un giudice del tribunale di Torino sdogana la street art, con i suoi maestosi disegni che di tanto in tanto spuntano tra muri e strade in un tripudio di applausi o di polemiche, assolvendo dal reato di imbrattamento uno dei suoi esponenti più in vista, il celebre writer senigalliese Blu, autore di opere che hanno fatto il giro del mondo.
Blu ha lasciato la sua impronta anche ad Ancona: dipinse insieme a "Ericailcane" i famosi silos del porto che furono poi demoliti per lasciare spazio a un nuovo skyline.
Il writer era stato processato perché nel 2015 fu trovato dai carabinieri in Valle di Susa, nella zona di Chiomonte, mentre, sotto gli occhi di una trentina di attivisti No Tav, tracciava un grande murale sulla parete in cemento di un sottopasso ferroviario. Sovente le manifestazioni di questa forma di arte urbana sono di taglio satirico o veicolano messaggi su temi politici e sociali, e il murale di Blu non faceva eccezione: si trattava di una critica non troppo velata al Tav Torino-Lione. La procura subalpina aveva disposto la citazione a giudizio. Al processo gli avvocati difensori Valentina Colletta e Claudio Novaro hanno fatto intervenire lo storico dell’arte, Tommaso Montanari, che ha collocato Blu fra le punte di diamante della street art non solo in Italia, ma in Europa. Il giudice, Franco Giardino Roch, ha raccolto la sua testimonianza e ha concluso che "il fatto non sussiste" (per l’artista e per le quattro persone che lo avevano accompagnato sul posto). La sentenza è stata pronunciata a maggio. Nelle motivazioni, depositate qualche tempo dopo, il magistrato ha condensato il ragionamento che lo ha portato all’assoluzione. Prima ha descritto minuziosamente il murale ("un treno-serpente che si morde la coda, fine a sé stesso, e racchiude ruspe che girano in cerchio insieme a carri armati e macchine della polizia" intorno a "un mucchio di denaro") interpretandolo come "un’allegoria del Tav secondo il punto di vista del movimento antagonista che lo considera un’opera inutile e dannosa motivata da interessi economici ai più alti livelli". Poi, per sciogliere il nodo dell’illegalità e delle mancate autorizzazioni, si è appoggiato anche a considerazioni di carattere estetico. Il reato di imbrattamento e deturpamento, infatti, va inteso come "alterazione in senso peggiorativo della cosa altrui". Ma in questo caso non c’è paragone tra "l’anonimo muro di cemento" di un cavalcavia con "il pregio di un’opera firmata dalla mano di un’artista di fama".