"L’importante è che nel percorso voi siate sereni e che non affoghiate, che cerchiate di parlare come io sto parlando a voi adesso. Perché un anno fa non l’avrei mai fatto. Mai. La malattia mi ha cambiato radicalmente e mi ha cambiato in meglio. Non affogate il vostro dolore in una sigaretta o un bicchiere di più".
Così Benedetta Blasi la 19enne di Castelplanio che sin dall’infanzia combatte contro una nerboruta malattia, ieri ai ragazzi del Cuppari. La giovane ha voluto portare la sua testimonianza ai ragazzi aprendo l’incontro con Gianpietro Ghidini (associazione Ema pesciolino rosso) che ha perso il figlio a 16 anni per droga.
Parole toccanti che hanno commosso i ragazzi. La storia di Benedetta è diventata una canzone: "Just don’t give up" (´Basta non arrendersi mai´). "A sei anni – ha spiegato Benedetta - ho dovuto confrontarmi con un tumore maligno che pensavo di aver battuto nel 2010, ma a gennaio del 2022 dopo atroci dolori durati mesi, in tutte le parti del corpo mi hanno detto che la malattia era tornata. Per la prima volta ho pensato che si poteva anche morire. Due anni dopo la malattia che sembrava essere debellata grazie a terapie anche sperimentali, purtroppo è tornata a farsi sentire. E più forte di prima, molto di più. In 12 ore ho perso la sensibilità dall’addome in giù e mi sono ritrovata dalla mattina che ballavo, a non camminare più. Un dolore devastante". Poi la terapia sperimentale dell’Alzheimer: "Cinque cicli, devastanti. Ma il male più grande veniva da dentro di me. Erano le emozioni che non avevo mai tirato fuori, e che la malattia stava facendo ritornare fuori. Questa malattia mi ha dato una grande opportunità nel male. Mi ha fatto conoscere me stessa. Capire cosa veramente conta. Negli anni non mi ero mai sentita guarita. Mai. Nella testa. Mi autoescludevo dagli altri e da me stessa. Poi ho capito: ho cercato di prendere tutta la mia energia, con la poca che mi era rimasta, per concentrarmi e capire cosa veramente dentro di me c’era. Arrivi a un punto in cui quella è l’unica situazione. Guardare negli occhi il dolore. E da questo è nata la mia canzone, insieme ad altri ragazzi speciali che mi hanno preso a cuore. Conoscendo la mia storia, hanno offerto le loro magnifiche voci. La mia canzone è un inno alla vitalità. Al coraggio. Al rinascere. Perché non si muore mai".
Poi l’appello: "Ognuno di voi, lo vedo dai vostri occhi, ha una parte che sta nascondendo, una parte di dolore che sta reprimendo: è normale a questa età. Ma non è normale soffocarla come invece ci hanno insegnato. Andiamo contro chi ci dice che dai passa. Passa un cavolo. Non passa. A volte non passa".
Sara Ferreri