REDAZIONE ANCONA

Morto durante lo stage, studenti in piazza: "Non chiamatelo incidente, è sfruttamento"

Manifestazioni in tutta Italia nel nome di Giuseppe Lenoci, vittima a 16 anni di uno schianto fatale durante l’alternanza scuola-lavoro

Studenti in corteo per dire no "allo sfruttamento in alternanza scuola-lavoro". In 40 città ieri hanno manifestato, con Fermo capofila dopo la morte di lunedì scorso, a Serra de’ Conti, del 16enne Giuseppe Lenoci. Il minorenne, originario di Monte Urano nel Fermano, ha perso la vita in provincia di Ancona, mentre si trovava su un furgone della ditta dove effettuava lo stage per imparare un mestiere, quello di operaio specializzato in termoidraulica. Il mezzo, condotto da un collega della stessa ditta, è finito fuori strada, contro un albero. I genitori del ragazzo si sono uniti alla protesta, proprio dalla piazza fermana, piazza del Popolo. Gli studenti, poco più di un centinaio, hanno parlato di sfruttamento chiedendo una scuola che sappia essere davvero scuola, segnati da due anni di didattica a distanza che ha spento anche i più volenterosi.

Il nome di Giuseppe è tornato in tutti i discorsi, insieme a quello di Lorenzo Parelli, lo studente morto il 21 gennaio scorso, in fabbrica, a 18 anni, in provincia di Udine, travolto da una trave nel suo ultimo giorno di stage. "Non doveva essere lì Giuseppe, non doveva lavorare a 16 anni, la scuola in questo ha fallito" ha osservato Rodolfo Valentini, studente del Montani a Fermo. "E’ un problema generale di sicurezza sul lavoro – ha spiegato Alessandro De Grazia, segretario provinciale Cgil – i ragazzi in formazione devono potersi preparare in luoghi protetti, al sicuro, con la loro giovane età e l’inesperienza che non può vederli già tra i lavoratori".

Il popolo della scuola si è rivolto al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, a quello dell’Interno Luciana Lamorgese, per essere ascoltati. Un messaggio alla politica perché rimetta mano al mondo della scuola che non trova più risposte e non costruisce possibilità. Ieri c’erano anche gli operai della Caterpillar di Jesi a far capire che la lotta per il lavoro sicuro e sereno è un diritto di tutti. Hanno dato un segnale di vicinanza ai ragazzi, per abbracciare la famiglia di Giuseppe.

Gli studenti hanno parlato di rabbia, stanchi, esasperati, lanciando un monito: "Ciò che è successo a Giuseppe non può essere chiamato incidente". La manifestazione di ieri darà solo un punto di partenza per una lotta che andrà avanti e che spera di portare novità soprattutto in termini di sicurezza. A marzo ci sarà ancora una giornata di protesta per chiedere che si rimetta mano a tutti i percorsi formativi e si rivedano le modalità di organizzazione delle esperienze di alternanza scuola lavoro. Quella di ieri è stata la terza giornata di mobilitazione nazionale in poche settimane, dopo quella del 28 gennaio indetta per la morte di Lorenzo Parelli e quella del 4 febbraio contro le nuove modalità del prossimo esame di maturità. Chieste le dimissioni del ministro Bianchi e della ministra Lamorgese, quest’ultima ritenuta responsabile degli scontri a Torino nel corteo di fine gennaio. A Roma un corteo è sfilato da piazza Vittorio Emanuele a piazza Madonna di Loreto.

Manifestazioni ci sono state da Bologna a Milano fino a Napoli e Reggio Calabria.Tra i promotori della giornata di protesta, il Fronte della Gioventù Comunista e l’Unione degli Studenti, oltre a vari comitati e collettivi locali. A Fermo hanno con i fumogeni. Presenti le sigle sindacali Usb, Fiom Cgil, la Casa del Popolo, Rifondazione comunista. Assente il Partito Democratico.