di Sara Ferreri
"Mi hanno appena fatto i test e muovo, anche se poco, sia le gambe che le braccia, restano immobili solo le mani ma per queste mi hanno detto che ci vorrà molto tempo. Non me lo aspettavo davvero". E’ raggiante Santiago Loccioni, il 29enne jesino balzato agli onori della cronaca dopo che per la caduta da un ponte di 8 metri in Thailandia ha riportato gravi lesioni alla colonna vertebrale e al bacino. Rischiava la paralisi e anche di restare ancora a lungo nel paese del Sud est asiatico, ma ora ad appena cinque giorni dall’arrivo all’ospedale regionale di Torrette, dopo l’ultimo consulto medico, Santiago nonostante sia ancora immobile nel letto al reparto di Malattie infettive (dovrà restarci altri 10 giorni per precauzione) ha un sorriso contagioso. "Voglio ringraziare moltissimo voi del Carlino perché da voi è partito tutto. Senza i vostri articoli probabilmente sarei ancora in Thailandia" dice Santiago accanto alla madre Ana Maria Do Santos, origini brasiliane che lo assiste amorevolmente.
Santiago Loccioni, finalmente è in Italia accanto ai suoi familiari, cosa vorrebbe ora?
"Sono davvero felice e questi ultimi test mi rendono davvero speranzoso. So che il fatto che riesco a muovere parti di gambe e braccia non vuol dire tornare a camminare domani, ma per me è davvero molto".
Il ricordo della Thailandia è lontano? Cerca di dimenticare?
"In realtà no. Anzi io ci tornerei anche, ma so che mia madre mi ammazzerebbe (lei accanto al suo letto di ospedale annuisce, ndr). In realtà ho conosciuto persone meravigliose come la famiglia che mi ha praticamente adottato. Ricordo che mi sono svegliato in ambulanza e mi hanno chiesto se avessi qualcuno lì sul posto che potesse aiutarmi. Ho fatto il nome di alcune persone thailandesi ma con sangue europeo che erano in ostello ma erano partiti appena il giorno prima. Chiamati, sono corsi in ospedale e sono stati con me oltre un mese, sono stati come genitori e mi hanno aiutato anche a trovare un’assistente che poi mi ha accompagnato in volo. Poi, è vero, ho incontrato anche approfittatori, ma è un Paese che mi è piaciuto molto".
Lei ricorda la caduta?
"L’’ultimo ricordo che ho è che facevo una foto sul muretto del ponte di Pai sotto cui poi mi hanno ritrovato. Ero con dei ragazzi canadesi che erano con me in ostello e che avevo accompagnato in amicizia, facendo loro da guida: la sera stessa sarei partito con l’autobus per prendere pochi giorni dopo il volo e rientrare a Campione d’Italia dove vivo da tanti anni. Avevo già il biglietto in mano".
E i suoi amici?
"Sono ragazzi di cui poi ho perso traccia. Sono stati chiamati dalle autorità locali, ma hanno detto di non aver visto nulla. Del fatto che non ero più sul muretto si sono accorti quelli che erano lì al bar accanto al ponte". Ma non vorrebbe sapere cosa è accaduto?
"Non ci sono state indagini ma io ho lasciato stare. Poco importa cosa sia accaduto a questo punto. Sono salvo per miracolo: per poco non sono caduto nell’acqua fangosa che non mi avrebbe lasciato scampo. Mi hanno ritrovato sulla terra accanto al fiume".
Se potesse tornare indietro? "La Thailandia aveva chiuso in entrata le frontiere ma non c’erano casi Covid. Vedevo che invece in Italia il virus che aveva mietuto vittime c’era ancora, ho pensato di temporeggiare un po’. Certo se potessi tornare indietro.. ma non si può. Ero preoccupato per il volo di rientro, mi allenavo da un mese a stare qualche ora in posizione seduta, invece sono stati tutti efficientissimi. Ho viaggiato quasi sempre sdraiato e in barella. Quando ho visto tutte quelle autorità all’aeroporto, saranno state una ventina di persone, mi sono un po’ preoccupato nel dover fare bella figura ma mi sono sentito anche confortato".