
Ermal Meta
"Non solo un concerto, ma uno spettacolo che sorprende per la sua struttura inedita che mescola musica e teatralità". Così è stato presentato fin dal debutto il nuovo tour di Ermal Meta, che venerdì (ore 21) farà tappa al Teatro delle Muse di Ancona. L’evento è organizzato da Elite Agency Group e Universal Events. Biglietti sul circuito TicketOne e al botteghino (071 52525).
A condividere il palco con l’artista c’è Davide Antonio Pio, pianista e co-autore dello spettacolo, che con arguzia e ironia esalta la poliedricità del cantante. Meta, viste le foto della scenografia possiamo definirlo un ‘concerto da camera’?
"In realtà è un concerto da camerino. E il camerino è un luogo in cui ci si cambia. Ti togli gli abiti di tutti i giorni e ti metti quelli ‘da palcoscenico’. E’ un luogo di scambio di energie".
Di solito è un luogo ‘inviolabile’, assolutamente privato.
"Sì, ma in questo caso è reso pubblico. E così come nel camerino ci si spoglia, le canzoni che faccio sono spoglie anche loro, per cui c’è una continuità tra lo spazio, quello che gli occhi vedono, e le canzoni, quello che le orecchie sentono. La domanda da cui è nato tutto, che cosa c’è ‘prima delle canzoni’, ha trovato risposta in questa scenografia e nello sviluppo della scaletta".
E cosa c’è ‘prima’?
"C’è un’idea, un lampo che illumina qualcosa. Lo chiamiamo ispirazione. Quindi bisogna trasformare in forma sonora quello che si è provato, quello che si è visto, nel minor tempo possibile. E quindi tutto questo concerto è una sorta di humus sonoro dal quale si sollevano delle canzoni come onde sul mare".
Ma gli arrangiamenti tengono conto di questa atmosfera? Tendono all’unplugged?
"Gli arrangiamenti sono tutti con chitarre elettriche. Poi ci sono un mellotron, un French Connection, un sintetizzatore molto particolare, e molto altro ancora. Tutto questo fa sì che le canzoni non vengano mai uguali. Ogni volta è una versione diversa, perché dipende dai vari accorgimenti tecnici degli strumenti".
Quindi ogni concerto del tour è ‘unico’?
"Sì, è come una sceneggiatura che si riscrive ogni volta, e che dipende dall’interazione tra me e Davide Antonio Pio, che è anche il regista del tour, dall’energia del posto, delle persone che abbiamo davanti al palco".
E’ vero che ci sono anche canzoni inedite in scaletta?
"Sì, sono brani che ho scritto nel corso degli anni, e che non avevo mai neanche registrato. Di solito i pezzi che non incidi tendi a dimenticarli, ma questi me li ricordavo perfettamente. Mi sono detto che forse era un ‘segnale’ che dovevo suonarlo dal vivo. Per adesso sono tre, a ma non è detto che non ne aggiunga un altro paio".
Il tour finora che risposta ha avuto da parte del pubblico?
"Straordinaria. C’è un grande coinvolgimento, perché quando scende il numero degli strumenti, quando si può cogliere meglio il senso delle parole e la voce non viene ‘asfissiata’, quando in sostanza metti meno ingredienti ne riesci a sentire meglio il sapore".
La dimensione teatrale la sente più sua di altre?
"No, le sento vicine tutte. Io adeguo al luogo la performance. A me piace rispettare le energie di un posto. Il teatro ha un suo mood, il palazzetto un altro, il club un altro, e suonare all’aperto un altro ancora".
Raimondo Montesi