
L’economista alla guida dell’Istao, sottosegretario nei governi Berlusconi "Pedemontana fondamentale, serve un hub logistico del centro Adriatico. E con 400 milioni avremmo la bretella Porto Sant’Elpidio-Ascoli-Teramo".
"La grande epopea dei distretti industriali nelle Marche è finita". Mario Baldassarri, 78 anni, è uno degli economisti più importanti in Italia. Viceministro dell’economia nei governi Berlusconi II e Berlusconi III, dal 2022 è presidente dell’Istao (Istituto Adriano Olivetti), che studia la gestione di economia e aziende. E ogni anno fa rapporti sullo stato di salute delle Marche, "una regione che è in transizione". E senza opere e infrastrutture "tale rimarrà", spiega Baldassarri dall’ufficio di Villa Favorita.
Crisi Fedrigoni e Beko, lavoratori in cassa integrazione, crollo delle imprese. Presidente Baldassarri, che 2024 è stato?
"Se guardiamo il 2024, come singolo anno, potremmo dire che le Marche se la sono cavata. Il problema è invece il fenomeno strutturale che si è creato negli ultimi dodici o tredici anni. Le Marche hanno avuto un rallentamento, tanto da diventare regione in transizione. Una definizione che segnala un problema, ma crea un’opportunità. La transizione è il ritardo, l’opportunità sono i maggiori fondi a disposizione dall’Ue. L’Istao da tre anni ragiona al fianco della Regione col ‘Rapporto Marche’ in termini di previsioni macro-economiche e dal punto di vista delle analisi strutturali, che spiegano questo rallentamento".
Ci sono responsabilità politiche in questi termini?
"L’assoluto ritardo e degrado delle strutture fisiche è una responsabilità pubblica. Spesso le Marche sono irraggiungibili. E poi le infrastrutture logistiche: servirebbe un hub del centro Adriatico nel triangolo Ancona-Falconara-Jesi, porto-aeroporto-interporto. Da sempre questa area è porta delle Marche e dell’Italia verso l’Oriente, ma se non ti attrezzi la porta si chiude. E infine la formazione di capitale umano. Quella professionale deve essere sempre più specifica ed è una responsabilità della Regione. Ma serve anche una formazione gestionale e manageriale su misura per ciò che siamo, quindi per piccole e medie imprese. Le università offrono sempre di più, ma lo sforzo è ancora non sufficiente e a volte troppo specifico. L’amministrazione regionale ha focalizzato molto bene tutti questi temi. Ma i tempi di risoluzione, come tutto in Italia, sono molto lenti".
Da una sua intuizione è nata la Quadrilatero Marche-Umbria. Ma restano ancora la Fano-Grosseto, la Pedemontana, la terza corsia dell’A14 e l’alta velocità sulla linea Adriatica.
"Il problema non è fare una Quadrilatero in vent’anni, ma fare un’opera sul modello Quadrilatero all’anno nei prossimi dieci anni. La prima opera fondamentale è la Pedemontana per dare un riequilibrio tra monti e mare alle Marche, altrimenti scivola tutto sulla costa. Quanto alla Fano-Grosseto, stiamo parlando di uno scandalo. Il progetto è cominciato venticinque anni prima della Quadrilatero. Ebbene, dieci anni dopo la Quadrilatero, la Fano-Grosseto ancora non c’è. E ancora: avevo imposto a Società Autostrade la terza corsia sull’A14 fino a Pedaso, perché poi ci sono dodici gallerie, legandola all’aumento del pedaggio, ma poi qualcuno fermò tutto a Porto Sant’Elpidio. Allora, visti i problemi di sicurezza, faccio una considerazione: a Giulianova, in Abruzzo, il 40% del traffico taglia verso Teramo e Roma. Si può anticipare questa deviazione da nord a sud con la bretella da Porto Sant’Elpidio a Fermo e poi fino ad Ascoli e Teramo. Sono novantotto chilometri di autostrada che darebbero all’Italia una vera alternativa all’A1. Lo proposi vent’anni fa, ma oggi la congiuntura astrale è favorevole: Aspi e Autostrada dei Parchi sono della Cassa depositi e prestiti. Il triangolo Marche-Abruzzo si potrebbe realizzare con 400 milioni di euro pubblici e il resto della spesa potrebbe coprirlo il pedaggio".
Passiamo al ferro.
"L’alta velocità Bologna-Bari, per passeggeri e merci, è un’altra opera per le Marche, l’Italia e l’Europa. L’attuale ferrovia sulla costa diventerebbe metropolitana di superficie, cambiando la natura dell’infrastruttura. Se non si fa ora, la via Adriatica sarà dimenticata. Ma non è una questione di bypass ferroviari, altrimenti tutti li vorrebbero e avremmo una ferrovia a ondine. Senza queste opere le Marche continueranno ancora a essere una regione in transizione".
Nel rallentamento economico quale peso hanno l’assetto produttivo e le imprese?
"La grande e gloriosa epopea dei distretti industriali marchigiani è finita. Io l’ho celebrata e inventata negli anni Settanta. Nel 1978 ad Ascoli presentammo con Francesco Merloni "La via adriatica allo sviluppo". Le filiere produttive delle Marche avevano un’efficacia e un’efficienza compatibili con la grande impresa. Era un’industrializzazione armonica, citando Giorgio Fuà, fondatore dell’Istao, ovvero si calava nel territorio in armonia, ogni paese che aveva la sua piccola azienda. Ma questo modello è finito. Alcuni capofila delle filiere non ci sono più, come l’Indesit a Fabriano. E poi, con la globalizzazione, tutta la fascia di prodotti medio-bassi è scomparsa. Non tutti hanno saputo ricollocarsi. Calzature, meccanica, mobili, chiunque ha accusato questo cambiamento. Infine, la transizione generazionale. Il successo delle imprese e dei distretti camminava sulle gambe del fondatore dell’azienda. Ma se non c’è un successore capace, che cosa fai? Qualcuno lo capì, inserendo i manager e quotandosi in borsa, garantendo dunque un valore patrimoniale agli eredi, altri invece hanno venduto a fondi o multinazionali. Qui però l’obiettivo per tanti è di prendersi il mercato, ma non la produzione, anche se qualcuno ha saputo valorizzare il prodotto tipico del territorio. Ma è avvenuto in pochi casi".
Come se ne esce?
"Se abbiamo capito i motivi strutturali per cui siamo entrati in transizione, dobbiamo investire per uscirne. Occorre che sia la responsabilità politica che quella delle imprese abbiano una visione strategica di medio e lungo periodo. Serve quindi coesione sociale, economica e imprenditoriale, quella che è la radice del tessuto delle Marche. Per troppi aspetti siamo ancora una regione ancorata al ventesimo secolo, nel ventunesimo dobbiamo ancora entrarci".
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Strada dei Parchi precisa, in una nota, “che il proprio azionista di maggioranza è Toto Holding S.p.a. e che Cassa Depositi e Prestiti non ha mai detenuto alcuna quota di partecipazione alla Società Strada dei Parchi Spa”