
Luciano Lucchetti con l’avvocato Roberto Tiberi in tribunale ad Ancona
Ancona, 28 agosto 2024 – E’ finita si dice alla fine, diceva Sylvester Stallone nel celebre film Rocky Balboa. Vale anche per l’ex ingegnere capo del Comune di Ancona Luciano Lucchetti, 73 anni, bersagliato da processi giudiziari che lo hanno sempre assolto. Il 34esimo procedimento penale a suo carico si era concluso a fine aprile scorso, assolto perché il fatto non sussiste. Era la vicenda delle panchine di piazza Cavour e del loro restyling. Veniva contestato a Lucchetti la violazione di una norma sui beni culturali e relativa al restauro di un bene storico disposto senza autorizzazione della Soprintendenza. Il tribunale ordinario gli aveva dato ragione, tutta regolare la procedura di restauro, nessuna colpa per Lucchetti. Vicenda chiusa? Eh no, l’ex ingegnere capo probabilmente dovrà affrontare un nuovo processo. La Procura infatti, con il pm Paolo Gubinelli, ha fatto richiesta di appello perché le motivazioni di assoluzione della sentenza uscite a giugno non hanno convinto il pubblico ministero.
"La decisione si basa su una errata ricostruzione fattuale della vicenda – scrive nel ricorso il sostituto procuratore Gubinelli – e sulla distorsione della disciplina di settore. Lucchetti faceva eseguire lavori di restauro su cinque panchine liberty del 1920, riportanti il bollettino della vittoria Diaz del 1918. Ogni operazione su questi beni, rimozione, spostamento anche temporaneo, restauro e modifica, è soggetta all’autorizzazione della Soprintendenza". Per la Procura le indagini dei carabinieri mettevano in evidenza l’esecuzione delle opere in mancanza dei titoli autorizzativi.
"Il giudice assolveva equivocando – scrive sempre nel ricorso il pm – tra l’autorizzazione generica della Soprintendenza al progetto di riqualificazione della piazza Cavour a quella specifica alla gestione dei singoli beni quali panchine e lampioni". L’udienza di appello non è stata ancora fissata ma il ricorso è arrivato a Lucchetti, difeso dall’avvocato Roberto Tiberi, nei giorni scorsi. "Se mi sento perseguitato? Un po’ sì – ammette Lucchetti – C’è accanimento ma affronterò anche questo processo con serenità. Sono rimasto meravigliato di questo appello ma ormai dalla giustizia so che mi devo aspettare di tutto. Sono convinto della mia innocenza, non mi preoccupo. Ora mi si contesta il permesso al trasporto, ma qualsiasi lavorazione è intesa anche come spostamento fisico perché non si può fare in loco. Ad ogni modo non potevo essere io a richiedere il permesso, forse il Rup (responsabile unico del procedimento, ndr). Io non conoscevo nemmeno la ditta a cui è stato poi affidato il lavoro".
Lucchetti era finito a giudizio dopo essersi opposto ad un decreto penale di condanna, per il quale era stato chiamato a pagare una pena pecuniaria di quasi 5mila euro, preferendo il processo per dimostrare la sua innocenza per i fatti relativi al 2019.