L’ex assessore Marasca: "Così tolgono ossigeno alla cultura anconetana. Un sistema pericoloso"

Dalla Mole ridimensionata nel suo ruolo alla politica dei tagli al terzo settore: ecco l’intervento scritto per il nostro giornale sulle scelte della giunta Silvetti "Ancona è un nuovo laboratorio di una certa destra. I segnali sono tanti".

L’ex assessore Marasca: "Così tolgono ossigeno alla cultura anconetana. Un sistema pericoloso"

L’ex assessore Marasca: "Così tolgono ossigeno alla cultura anconetana. Un sistema pericoloso"

di Paolo

Marasca *

Quella che segue è una fotografia delle politiche culturali di Ancona. Trovo particolarmente stucchevoli e dannose, oltre che poco eleganti, le rivendicazioni postume di chi ha svolto un incarico pubblico. Per quel che mi riguarda, sono solo un cittadino informato. In alcuni territori più che in altri, la politica culturale del governo ha trovato un riscontro rapido e totale. È il caso delle Marche, dove si tagliano le risorse e si usano quelle rimaste per autocelebrarsi, e di Ancona, dove si fa la stessa cosa.

Eppure, la cultura è un po’ come lo sport. Ha bisogno di tenere alta l’attenzione con gli eventi, ma non può fare a meno della diffusione capillare, delle nuove energie, della ricerca e della passione. Se la miscela inizia a funzionare, ogni tanto arriva un Sinner ad accelerare il sistema. In ogni caso, senza il quartiere non c’è lo stadio, senza stadio non c’è la passione, senza passione non ci sono emozioni e senza emozioni i giovani se ne vanno altrove. O a fare botte nello stadio. Non è diverso con la musica, con il teatro, con tutte le forme di cultura.

Per rimediare, si stanno sperimentando soluzioni interessanti: spazi ibridi, che ospitano la cultura “alta” ufficiale e quella “bassa” informale nello stesso luogo e le affidano, così, un nuovo ruolo sociale e comunitario. Ma i governi per lo più li ignorano e, tra i governi, quelli di destra lo fanno con premeditazione, perché la loro vocazione politica è portare indietro le lancette.

Ancona rinuncia, oggi, al solo contenitore ibrido possibile per la città e, direi, per la regione: la Mole. Un luogo capace di catalizzare energie dall’esterno e dall’interno e di fondarsi su quello che nella cultura, e nella vita, conta di più: l’incontro. In compenso, avvia una dispendiosa politica di “arene” senza un piano di gestione a breve o a lungo termine, tanto che i promoter si defilano, i bandi vanno deserti e chi vivrà vedrà. Tutto fa pensare che la cosa stia diventando sempre più radicale e che presto il terzo settore scomparirà dalle faccende culturali, si elimineranno i progetti di eventi che coinvolgono le scuole e la comunità, le casse delle aziende partecipate verranno prosciugate. I segnali sono molti, come la decisione di proporre un cinema commerciale in piazza che si sovrappone a quello pubblico già esistente, quella di svendere locali di un monumento ad attività commerciali, quella di spendere più di 300.000 euro pubblici per un festival che propone Vasco Brondi a 25 euro al porto (un involontario paradosso, vista la passione che Brondi ha dimostrato per la Mole).

A livello delle istituzioni maggiori i segnali sono ancora più chiari. Tutto il personale esperto del settore cultura viene spostato altrove, generando grandi disagi agli operatori; il personale dei musei (otto persone) viene licenziato perché cessano le attività educative, i servizi museali, lo studio, la divulgazione; nel settore teatrale nazionale si inizia già a parlare del bando per il nuovo direttore: si parla di come è fatto il bando (a capo della commissione c’è il direttore di un teatro nazionale, che potenzialmente può produrre con il nostro) e si parla del suo risultato, che a detti di alcuni esperti dovrebbe destare più di una preoccupazione visti i pregressi.

Dal punto di vista culturale, Ancona è quindi un nuovo laboratorio di una certa destra. Da un lato (in “alto”) si blindano le posizioni di controllo; dall’altro (in “basso”) si priva chi fa cultura delle condizioni minime in attesa che si stufino da soli, che se ne vadano, che si trovino finalmente un lavoro vero. Questo non è opera di una o due persone, ma di un sistema che ha in programma di togliere ossigeno alla cultura intesa come strumento di coesione sociale. E questo avviene, diciamolo pure, mentre tanta gente continua a guardarsi (e a parlare del) proprio ombelico, e intanto fuori si soffoca, e non per il caldo.

* Ex assessore

alla Cultura