La difficile convivenza tra una mostra di dipinti antichi e una fiera, stretti dentro lo stesso ambiente della Mole Vanvitelliana. Stiamo parlando delle opere messe a disposizione del Comune di Ancona dalla famiglia Mengoni Ferretti attraverso un lascito testamentario e giustamente sfruttate per la loro bellezza. La mostra, intitolata "Una famiglia per Ancona" - curata da Luigi Gallo, direttore regionale dei Musei e direttore della Galleria di Urbino - ha aperto i battenti il 24 luglio e la conclusione è fissata per il 6 gennaio prossimo. Poco prima del G7 Salute l’annuncio della chiusura della mostra per qualche giorno, in realtà diventati ben 40, poi improvvisamente la frettolosa riapertura domenica scorsa. Peccato che parte dell’allestimento vada a cozzare proprio con quello della "Fiera Marche, opportunità dall’Europa". In pratica alcuni pannelli dividono i due eventi all’interno della stessa sala, quindi un pezzo della mostra è stata allestita, mentre un altro pezzo è finita dietro dei pannelli, alle spalle degli stand fieristici. Non un modo eccellente di curare l’arte, al netto del mistero dietro la prolungata chiusura della mostra per così tanto tempo (da inizio ottobre al 18 novembre).
Una stagione poco fortunata quella delle mostre alla Mole, iniziata in pompa magna tra grandi proclami dell’amministrazione e un programma da fare invidia a grandi collezioni. Nell’estate del 2023 l’assessore alla Cultura Anna Maria Bertini ha annunciato quattro grandi mostre: "Dal futurismo all’informale", De Dominicis, Luigi Serafini e il Rinascimento Adriatico. Un anno dopo la stessa dichiara che quelle mostre costano troppo e quindi vengono annullate, a parte la prima, con le opere in arrivo dal MART di Rovereto il cui presidente è Vittorio Sgarbi. Anche delle preziose stampe di Albrecht Durer, annunciate in consiglio comunale dall’assessore Bertini, non si sa più nulla. Tornando al MART, una mostra abbastanza costosa, pari a circa 130mila euro, escluso il personale. Palazzo del Popolo paga 36mila euro al MART, 41mila per la campagna stampa e poi allestimento sale, assicurazioni, stampe, grafica, trasporto e così via. Insomma un investimento importante che non ha portato frutti sperati in termini economici, anche se l’arte non andrebbe valutata a seconda degli incassi. Resta l’investimento fatto dall’amministrazione comunale e un ritorno di biglietti staccati a pagamento pari a 3.675 tagliandi (si supera quota 5mila con le scuole e la gratuità). Più o meno lo stesso contributo fu concesso allora dalla vecchia amministrazione per la grande mostra di McCurry, ma gli spettatori furono oltre 32mila, per Frida Kahlo 10mila euro di contributi all’organizzatore a fronte di 12mila spettatori senza dimenticare i 20mila biglietti per Salgado. La mostra "Dal futurismo all’Informale" rientra nel genere cosiddetto delle ‘ospitate’, ossia un pacchetto di opere in arrivo dall’esterno. In passato una parte delle mostre venivano anche prodotte internamente dal sistema (Ecce Homo, Terrasacra, Guido Harari e così via).