VALERIO CUCCARONI
Cronaca

"L’area è degradata, il recupero va fatto"

Carlo Urbinati, prof di Pianificazione forestale alla Politecnica. "Fondamentale il controllo dell’Ente Parco"

"L’area è degradata, il recupero va fatto"

Carlo Urbinati è professore ordinario di selvicoltura e pianificazione forestale all’Università Politecnica

Il dibattito sui lecci tagliati a Portonovo riguarda questioni molto complesse, legate alla gestione delle foreste, per questo abbiamo chiesto un parere tecnico a Carlo Urbinati, professore ordinario di Selvicoltura e Pianificazione forestale all’Università Politecnica delle Marche. Il caso, secondo lo studioso, "presenta almeno tre ordini di problematiche: politico, procedurale e tecnico". In merito ai primi due non si esprime perché non sono di sua diretta competenza. Sugli aspetti tecnici, invece, Urbinati fornisce qualche elemento di riflessione e discussione, sulla base della determina autorizzativa dell’Ente Parco del Conero.

Secondo l’esperto, "dalle immagini disponibili su Google Maps/Earth appare chiaro che l’area [delle Terrazze] è fortemente antropizzata essendo caratterizzata da alcune infrastrutture (giochi per l’infanzia, muretti a secco, ecc.) e da una vegetazione in parte antropogena costituita da pini d’Aleppo e da latifoglie oltre che dal margine del bosco ceduo di leccio, con esemplari anche morti e seccaginosi". Lo studioso conferma, quindi, le analisi dei tecnici del Parco: "Nel complesso la zona in oggetto appare in condizioni di evidente degrado nonostante la sua condizione di area di elevato valore naturalistico". Anche le conseguenze di queste analisi coincidono: sulla base delle leggi vigenti, "l’idea di un recupero strutturale e funzionale di un’area degradata, a seguito di un intervento di trasformazione temporanea, quale quello in oggetto, è pienamene nei principi del restauro ambientale". Pertanto, conclude Urbinati, "sarà fondamentale il controllo da parte dell’Ente Parco dell’attuazione di tutte le prescrizioni previste nelle operazioni di ripristino dell’area dopo le riprese cinematografiche". Alcune di queste prescrizioni, però, secondo il docente, "appaiono non facilmente realizzabili": innanzitutto l’uso, per l’area a bosco, del " germoplasma locale" per la piantagioni previste; inoltre, pone dubbi la ricostituzione del suolo "il più possibile simile a quello esistente "ante", perché l’"eventuale modifica" potrà essere di 10 centimetri in più o in meno rispetto alle "quote originarie"; poi c’è la questione delle nuove piantagioni, per cui "sarebbe stato auspicabile un approccio più ecosistemico" e non il semplice reimpianto del doppio degli individui tagliati. Infine, conclude Urbinati, "trattandosi di un’area che manterrà la sua destinazione prevalentemente ricreativa", frequentata da bambini e genitori, "appare discutibile la prescrizione" di lasciare, come previsto dal piano di ripristino, "il legname di risulta degli abbattimenti" come rifugio per microfauna e insetti.