La voce è ferma, composta, ma fa inevitabilmente trapelare tutto il coraggio e la forza di una madre impiegati in mesi di sforzi e anni di lotte. "Il mio è un grido di aiuto perché non so davvero più a chi appellarmi. Io e mio figlio disabile siamo murati vivi in casa da aprile. Le istituzioni, gli enti sanitari preposti ci hanno abbandonato". Lo dice Rita Lisandrelli, 77enne di Osimo, residente in una palazzina di via Alcide De Gasperi. Con lei vive il figlio portatore di handicap dalla nascita, Michele Frezzotti, 52 anni. Per loro esattamente da aprile scorso il mondo è come se si fosse fermato. E’ stato in quel periodo infatti che il servoscala che serviva al trasporto della carrozzina di Frezzotti si è rotto. "Era arrugginito, usurato dal tempo", specifica la donna. In pratica grazie ad esso il 52enne riusciva a uscire di casa e a superare quei sei gradini che permettono di uscire dal suo condominio e da lì salire nel pulmino che lo porta da anni ormai al centro diurno Fontemagna. Lo frequenta da quando è stato aperto. Sono sei "miseri" scalini ma che rappresentano una montagna insormontabile per un disabile.
La struttura si trova tuttora montata lungo le scale di accesso al condominio ma non è utilizzabile. Il servoscala è usato proprio da chi presenta una ridotta mobilità e si serve di sedia a rotelle o carrello con ruote per la deambulazione. "Per noi dal momento della rottura è iniziato il calvario – continua la donna -. Ho chiamato insistentemente l’Ast che alla fine, i primi di settembre, ci ha raggiunto a casa. L’Ufficio Ortopedia ci ha mandato quello che in gergo si chiama cingolato ma una volta installato si sono accorti che non è compatibile con la carrozzina ’speciale’ di mio figlio". Il montascale cingolato consente a disabili e anziani di superare scalinate siano esse interne o esterne al fabbricato e ne ostacolino la mobilità. "Non so se l’avrebbero dovuto sapere o meno. Aldilà di questo però non si sono fatti più vivi", dice. Tante, troppe, le chiamate. "Dall’altro fronte ho contattato più volte gli uffici dei Servizi sociali del Comune di Osimo per avere un aiuto ma mi hanno risposto soltanto per rimandare l’eventuale incontro. Ho fatto di tutto. Mi manca solo di chiamare i carabinieri", ha continuato la signora.
Il cambio di amministrazione comunale con le elezioni di giugno e poi le dimissioni del sindaco Francesco Pirani a dicembre non hanno di certo dato una mano a sbrogliare la situazione. La donna è vedova ed è aiutata dall’altro figlio, Andrea, per i servizi primari e per tutto quello di cui ha bisogno. "Ci sentiamo soli e dimenticati – dice – Sarebbe impensabile trasportare Michele a braccio né tanto meno la carrozzina, sono troppo pesanti. Le abbiamo pensate tutte ma non è proprio possibile. La soluzione oltretutto è semplice ma dipendiamo da altri che devono intervenire. Io so solo, ora, che è come se fossimo agli arresti domiciliari. Il mio cuore è in pena per il mio povero Michele".