Umberto Grati era amato sia come artista sia come uomo: a testimoniarlo, ieri, c’era la chiesa del Sacro Cuore piena, per i suoi funerali, fino all’ultimo inginocchiatoio. Come a un concerto di Simon and Garfunkel, suo amato gruppo, era "tutto esaurito". La leggerezza del suo tratto pittorico corrispondeva alla leggerezza dell’animo di Grati: non ha mancato di colpire chi lo ha frequentato negli ultimi mesi di vita la serenità con cui aveva accettato di morire. La sua straordinaria capacità di mettere a frutto il suo talento è stata ricordata dal sacerdote che ha scelto di leggere la parabola dei talenti, raccontata nel Vangelo di Matteo, capitolo 25, versetti 14-30. Un monito per chi non valorizza i doni ricevuti in sorte: un monito non certo per il Nostro, che, oltre a lavorare nel campo della grafica, ha realizzato opere pittoriche e scultore, non trascurando di coltivare anche la sua passione per la musica. E le note musicali hanno accompagnato tutta la funzione, eseguite anche dal vivo dal cantautore Alessio Pellegrini, che conobbe Grati a un corso di musica jazz. Dopo avere suonato la chitarra, da oltre un decennio il versatile artista aveva appreso a suonare la tromba. Sul pulpito si sono alternati parenti e amici, che hanno ricordato un picaresco viaggio da Ancona a Nizza solo per andare a un concerto e hanno paragonato Grati a uno degli angeli del "Cielo sopra Berlino". "La sua gioia - è stato rimarcato - era provocata dalla gioia degli altri". "Parlava poco - hanno detto ma osservava molto e le persone che osservava finivano nei suoi quadri". Al termine della cerimonia, la folla si è stretta attorno alla vedova, Gemma Avio, e alla figlia, Eva, per condividere il dolore del lutto.
Valerio Cuccaroni