"Il fucile l’ho preso per difendermi, perché tre persone mi venivano addosso per picchiarmi. Non mi sono accorto di aver ucciso qualcuno e nemmeno di averlo ferito". E’ in carcere, a Montacuto, e si dispera Fatah Melloul, il 27enne algerino indiziato per il delitto del 23enne albanese Klajdi Bitri, morto domenica pomeriggio dopo essere stato trafitto da una fiocina di un fucile da pesca subacquea.
Il 27enne non avrebbe voluto uccidere nessuno, il fucile non sarebbe stato nemmeno carico e la tragedia sarebbe frutto della concitazione del momento. In stato di fermo con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi ha preferito non parlare davanti al pubblico ministero Marco Pucilli che lo ha interrogato dopo mezzanotte, nella caserma dei carabinieri di Osimo, prima di essere tradotto in carcere. Un breve colloquio. Ad assisterlo c’era il suo avvocato Davide Mengarelli che ieri mattina è andato a trovarlo anche in cella. "Il mio assistito è molto provato dalla vicenda – si limita a dire il legale – non si dà pace, non pensava di aver ucciso qualcuno e non è stato mai in fuga. Ha diverse contusioni, segno che è stato picchiato anche lui". Dopo il diverbio degenerato per motivi stradali, in via Cilea, a due passi dal centro di Sirolo, Melloul è andato con la sua fidanzata, una 20enne, studentessa universitaria con cui convive a Jesi e che era con lui in auto, a pesca, al mare a Falconara. In una busta aveva ancora il fucile con la fiocina che ha trafitto al petto l’albanese. L’arpione non sarebbe stato trovato sporco di sangue. L’attrezzo, che non è soggetto a nessun divieto di trasporto perché non è considerato un’arma ma un componente sportivo, non sarebbe di quelli ad aria compressa ma a molla. L’algerino lo ha preso dal sedile posteriore della vettura quando è scoppiato il parapiglia a Sirolo. Chi era presente in strada in quel momento ha cercato di nascondersi e trovare riparo dietro qualcosa. Anche la vittima ci avrebbe provato ma senza riuscirsi. E’ stato sequestrato e sarà oggetto di una perizia balistica per cercare il sangue della vittima.
Alle 21 l’arresto dei carabinieri, appena uscito dal sottopasso di Palombina Vecchia, dove a pochi metri aveva lasciato parcheggiata la Opel Zafira nera intestata al padre della fidanzata che risiede a Montecarotto. I militari avevano individuato l’auto grazie alla targa ripresa dalle telecamere di sicurezza di Sirolo e si erano appostati per catturarlo. Un lavoro di squadra enorme tra i carabinieri della Compagnia di Osimo, del Norm e del Nucleo Investigativo dove c’è stato anche chi è rientrato dalle ferie per partecipare alle ricerche. A Sirolo l’algerino e la fidanzata erano andati a fare una passeggiata e stavano poi percorrendo via Cilea da Numana in direzione Sirolo quando si è infilato tra le due auto, la Up guidata dalla moglie dell’uomo anconetano che avrebbe picchiato per il diverbio stradale (la vettura andava piano e ha fatto due volte la rotatoria per poi fermarsi sulla strada) e la Mercedes con targa belga dove si trovavano il 23enne ucciso, il fratello e un loro amico parente dell’uomo anconetano. Nel parapiglia iniziale, dove l’algerino sarebbe stato apostrofato anche in malo modo ("marocchino di m.") sarebbero coinvolti altri automobilisti, anche questi inizialmente innervositi per il traffico a rilento. Potrebbe ravvisarsi per alcuni il reato di rissa.
Non è indagata invece, per il momento, la fidanzata dell’algerino. Anche lei è stata sentita in caserma dal pm, come persona informata sui fatti. Non si sarebbe resa conto che il 27enne aveva ucciso una persona. Sotto sequestro anche la Opel Zafira e gli indumenti indossati dall’indiziato. La procura ha chiesto l’autopsia sul corpo del 23enne e l’accertamento inizierà oggi. Domani interrogatorio di garanzia davanti al gip per Melloul. Si terrà in carcere.