CLAUDIO DESIDERI
Cronaca

"La mia pasta ripiena dei sapori delle Marche"

Lorenzo Zappi, chef di Marcello: "Ho un rapporto morboso con i nostri ingredienti: amo manipolarli"

di Claudio Desideri

Di fronte a te un mare azzurro separa il tuo sguardo dal Trave, lo scoglio più noto di Portonovo, mentre alle tue spalle il verdissimo Monte Conero si specchia nel Lago Grande dove le anatre selvatiche nidificano tra i canneti. Tutto intorno bianchissimi ciottoli su cui si adagia come una barca il Ristorante Marcello, gestito dallo storico titolare e da suo figlio Giovanni.

E’ qui che dal 2019, svolge la sua professione amatissima lo chef Lorenzo Zappi. Giovanissimo, quattro figli stupendi, velista, ha iniziato dal basso scalando con grande impegno e tenacia la difficile carriera in cucina.

Quando ha capito che quella dello chef era la sua strada?

"Dopo il diploma ho iniziato a lavorare nell’azienda paterna ma ho subito capito che quella non era la mia vita, la mia passione era la cucina. Le mie prime esperienze a Londra e la voglia di conoscere mi hanno portato a velocizzare il processo per divenire uno chef sin da quando ho iniziato nelle cucine come lavapiatti".

Quali sono state le difficoltà che ha incontrato nella sua carriera e quali le soddisfazioni?

"Le difficoltà sono legate alle molte ore di lavoro, allo stare sempre in piedi e nella ricerca di trovare un tuo spazio. Non avendo una formazione alberghiera devi dimostrare il doppio di quanti provengono da quell’ambito. Le soddisfazioni più grandi sono state quelle di essere scelto come capo partita in un locale come il Fortino Napoleonico, stare accanto e lavorare per uno chef come Errico Recanati di Andreina e poi essere divenuto il primo chef del Ristorante Marcello".

Ci sono stati maestri o persone che hanno contribuito ad essere lo chef che è oggi?

"Tre sono stati i miei maestri, Walter Borsini, chef del Fortino Napoleonico, il primo a darmi fiducia; Paolo Antinori, chef del SeePort, che mi ha trasmesso tanti grandi valori; Errico Recanati che mi ha dato ancor più sicurezza".

Quali caratteristiche principali deve avere uno chef?

"Deve saper gestire la squadra e le varie personalità che sono al suo interno, avere grandi capacità gestionali ottimizzando i costi ed eliminando gli sprechi, possedere conoscenze tecniche nel manipolare gli alimenti con più sfaccettature e con varie cotture, conoscere quanto più possibile".

Come è il rapporto con la cultura gastronomica locale e i prodotti del territorio?

"Ho un rapporto morboso con i prodotti della nostra terra. Le Marche non hanno nulla da invidiare al resto d’Italia, abbiamo tutto, dai monti alla campagna al mare e a disposizione tantissima materia prima".

Quale è il suo piatto preferito e perché?

"La pasta ripiena, perché da grandi soddisfazioni. Ho una nonna bolognese e sono cresciuto vedendola stendere la sfoglia, la mattina presto, per fare di tutto dai tortelloni alle tagliatelle, dalle chitarre, ai tortellini. E’ un piatto che mi porto nel cuore".

I clienti che vengono a Portonovo cercano più un piatto da provare o una emozione da vivere?

"Molti vengono qui perché sanno cosa mangiano e poi ci sono quelli che cercano qualcosa di più alternativo. Tutti i palati vanno comunque soddisfatti".

Il lockdown ha chiuso i ristoranti, cosa le è mancato di più?

"Era tantissimo tempo che non mi godevo così la famiglia e i miei figli. Mi è mancato il lavoro intenso, manipolare gli ingredienti, il profumo del mare".

Lei lavora in uno dei luoghi più belli d’Italia. Quando e come riesce a gustarselo?

"Il mattino quando scendo e mi fermo a guardare la baia con i suoi colori e la sera quando stanco rientro a casa. Portonovo è bellissima anche con il buio". Quale consiglio darebbe ad un giovane che vuole intraprendere la carriera dello chef?

"Essere deciso, determinato, fare più esperienze possibili guardando ad un obiettivo, non arrendersi. E’ una vita di sacrificio ma si deve guardare sempre avanti".