La Caverna Magica di Harari: "Le mie foto diventano catarsi"

Il grande fotografo torna ad Ancona per immortalare volti e corpi di cittadini comuni "L’approccio è diverso rispetto ai personaggi famosi i cui ritratti sono più monodimensionali".

La Caverna Magica di Harari: "Le mie foto diventano catarsi"

Il grande fotografo torna ad Ancona per immortalare volti e corpi di cittadini comuni "L’approccio è diverso rispetto ai personaggi famosi i cui ritratti sono più monodimensionali".

Guido Harari torna dove tutto è iniziato, in quella Ancona che due anni fa ne ha accolto in modo straordinario la sua prima mostra antologica e la sua ‘Caverna Magica’. Questo il suggestivo nome dato allo studio fotografico dove in tanti si sono presentati per farsi ritrarre. L’iniziativa ora si ripete. Non alla Mole Vanvitelliana, ma nello Studio d’Artista MAP120 in corso Matteotti 17, dove da sabato al 21 ottobre il grande fotografo immortalerà volti e corpi di cittadini comuni, non le star della musica (e nono solo) che da decenni è abituato a inquadrare nel suo mirino.

Harari, c’è qualche novità rispetto alla ‘prima volta’?

"Beh, rispetto a due anni fa si sono aggiunte nuove esperienze e nuove motivazioni. La mostra e la ‘Caverna Magica’, che ora si chiama ‘Incontri’, sono state a Ferrara, a Milano. Era nata anche l’idea del ‘ritratto sospeso’, come il caffè a Napoli. Fotografie riservate a persone meno fortunate, come quelle che si trovano in case di cura o centri di assistenza. Ritratti che, insieme a tutti gli altri, sarebbero confluiti in un’esposizione. Il fatto è che ad Ancona è stata la prima volta, quindi non sapevo cosa sarebbe successo".

Cosa ha scoperto?

"Ad esempio che molti vengono non tanto perché sono interessanti ad avere la loro stampa, ma per vivere il momento in cui vengono fotografati come una sorta di catarsi. Come se mettendosi di fronte a me esorcizzassero una loro difficoltà, un ostacolo. Non parlerei di ‘seduta psicanalitica’, ma l’approccio è molto diverso rispetto ai personaggi famosi, i cui ritratti sono più monodimensionali".

Ritrarre persone comuni consente più libertà espressiva? "L’idea della ‘Caverna’ è progredita perché sono arrivate persone interessanti, disponibili. In effetti mi sarei stupito se fossero venute con le difese alzate. Ho notato grande curiosità, apertura al dialogo. Le persone vogliono sapere cosa io vedo in loro. Molte volte non sono venute fuori pose classiche".

Ma ‘tecnicamente’ come si svolge la cosa?

"Tutto dura circa un’ora. Nella prima mezz’ora si parla, si chiacchiera, ci si mette a proprio agio. Così posso capire gli elementi da usare, l’intenzione. Ogni ritratto è diverso. Ognuno ha il suo ‘film’ da raccontare. Tanto più che chi vuol farsi ritrarre se vuole può portare un’altra persona, un animale, o può vestirsi in modo particolare". Qualche esempio?

"Una coppia è arrivata vestita con abiti da figuranti gotici. Un appassionato di moto è venuto con la sua moto d’epoca, casco, tuta e trofeo".

Stavolta però niente mostra.

"In realtà al MAP120 ci sarà anche una piccola mostra su un pannello di sei metri, con alcune foto scattate in passato e quelle che farò. Devo dire che ad Ancona mi sono trovato subito benissimo. Si è creato subito il feeling giusto".

Raimondo Montesi