PIERFRANCESCO CURZI
Cronaca

"Io, il primo paziente Covid a due anni dall’incubo"

Era il 28 febbraio 2020 e il giornalista Paolo Giampaoli veniva ricoverato a Torrette: "Non è ancora finita, ma io i no vax non li capisco"

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di Pierfrancesco Curzi

Il 28 febbraio 2020 Paolo Giampaoli, giornalista anconetano, è stato soccorso e portato all’ospedale di Torrette. È stato lui il cosiddetto ‘Paziente 1’ che ha avviato in città il dramma del Covid. Rischiò la vita e pianse quella di persone care. Nel frattempo è diventato testimonial proprio dell’ospedale di Torrette. Nel febbraio 2021, nel primo anniversario, lo abbiamo intervistato e adesso siamo tornati a parlare con lui a due anni dall’inizio della pandemia. Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia: "Lo scorso anno eravamo fiduciosi di essere diretti verso la fine dell’incubo, poi invece è arrivata una quarta ondata che ancora ci portiamo dietro – spiega Giampaoli – Per fortuna la vaccinazione ha limitato molto i danni anche se esiste ancora questo zoccolo duro di persone che per motivi ideologisi rifiutano di immunizzarsi. Per questo motivo siamo ancora in piena fase pandemica, seppure le cose stiano migliorando. Ancora i no vax non capiscono alcuni punti chiave e io non so più come trattare con loro. Quando sento parlare di microchip inoculato col vaccino, e termini come libertà e dittatura io me ne vado. Ho perso amicizie profonde per questo problema, tutto per pura ideologia politica. Se sarà necessario affrontare la quarta dose lo farò perché mi voglio bene e ho cura delle persone più fragili. Questo concetto chi non si vaccina non l’ha ancora ben compreso".

Un anno fa gli orizzonti all’interno della lotta al virus erano diversi, la vaccinazione di massa iniziava proprio in questi giorni e ancora termini come Green Pass non esistevano: "È importante uscire da questo incubo – precisa il giornalista anconetano – detto questo io non sono d’accordo sul togliere il Green Pass. Chi ha fatto un’azione generosa nei confronti della collettività deve essere premiato e avere più tutele e viceversa. E le mascherine, ben venga toglierle prima o poi anche al chiuso, ma in alcuni luoghi sensibili, vedi gli ospedali, io continuerei a considerarle obbligatorie. Soltanto su un settore specifico chiedo che ci siano procedure più snelle e meno burocrazia, quello della pratica sportiva per i giovani".

Se Paolo Giampaoli è passato oltre quell’incubo lo deve soprattutto alle cure, non solo sanitarie, offerte dal personale dell’ospedale di Torrette: "Non finirò mai di ringraziare il direttore generale Michele Caporossi e quello amministrativo Antonello Maraldo, non solo per avermi nominato testimonial dell’ospedale di Torrette. Cosa dire poi del personale della divisione di Malattie infettive, a partire dal dottor Marcello Tavio. Un ringraziamento particolare infine lo voglio tributare alla dottoressa Stoico che si è occupata di me per la fase vaccinale. Professionisti che ancora mi assistono per qualsiasi esigenza".