Prima gli insulti, poi le minacce e le botte e quando lei se n’è andata ha iniziato a tempestarla di messaggi e telefonate per chiederle scusa e supplicarla di tornare insieme. Un copione purtroppo già visto e rivisto. Stavolta culminato con il divieto di avvicinamento e l’applicazione del braccialetto elettronico. La scorsa settimana i poliziotti del commissariato jesino, diretto dal vicequestore Paolo Arena hanno dato esecuzione all’ordinanza emessa dal gip nei confronti del 34enne jesino, indagato per maltrattamenti in famiglia. Le indagini sono partite a metà agosto quando la donna si è convinta a denunciare tutto. Dopo una convivenza iniziata un anno fa con il 34enne presto costellata di insulti e botte la donna ha deciso di troncare la propria relazione. A novembre dello scorso anno e a agosto scorso la donna ha subito oltre agli insulti botte che le hanno lasciato evidenti lividi. Il questore Cesare Capocasa a quel punto ha adottato un provvedimento di ammonimento ma a distanza di pochi giorni, il giovane ha iniziato a tempestare la donna di messaggi e chiamate sul telefono fisso del posto di lavoro, molestando sia lei che i colleghi. Dall’analisi del contenuto dei messaggi, i poliziotti hanno riscontrato come il giovane non avesse accettato la fine della loro relazione: chiedeva insistentemente alla sua ex di ritornare insieme, perché aveva morboso bisogno di lei. Gli accertamenti investigativi espletati dal personale di polizia giudiziaria del commissariato, hanno riscontrato i fatti e l’inquietudine dell’uomo che si ostinava a contattarla e vessarla anche dopo la notifica dell’ammonimento del questore Capopcasa.
In seguito all’informativa di reato il gip, su richiesta della Procura di Ancona, ha adottato la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa, con la prescrizione di permanere a una distanza di almeno 500 metri dalla donna e il divieto assoluto di comunicazione con la stessa, nonché con l’applicazione del braccialetto elettronico. Il dirigente del commissariato, sollecita le vittime di violenza domestica a confidarsi denunciando i fatti, ponendo così fine alle vessazioni fisiche e psicologiche tenute nascoste per troppo tempo nelle mura domestiche: "C’è una possibilità di scelta, c’è un’alternativa- rimarca il vicequestore Arena - e consiste nel riporre piena fiducia nell’operato tempestivo e risolutivo della polizia di Stato in piena condivisione con la procura, recuperando quell’autostima andata perduta nel tempo".
Sara Ferreri