REDAZIONE ANCONA

"Imparai a leggere coi nomi degli attori"

Il professor Luccarini è memoria storica di Ancona: "Ogni quartiere aveva il suo cinema. Ora invece..."

Il professor Antonio Luccarini, grande memoria storica di Ancona. Uomo di cultura e cinefilo

Il professor Antonio Luccarini, grande memoria storica di Ancona. Uomo di cultura e cinefilo

Antonio Luccarini e il cinema. Un amore assoluto, nato nell’infanzia e coltivato per una vita intera. Una passione ‘trasmessa’ a tanti giovani, compreso il figlio Lorenzo, affermato direttore di produzione. Il professor Luccarini se le ricorda bene le tante sale di cui Ancona si poteva far vanto.

"Mia madre la mattina mi affidava a delle signore che mi portavano al Metropolitan, o al Marchetti, dove venivo ‘legato’ alle poltroncine, mentre loro se ne andavano a fare le pulizie. E’ stata l’immagine filmica a farmi da apripista nel mondo della cultura".

Un vero e proprio ‘imprinting’.

"Io ho imparato a leggere vedendo i nomi degli attori sui giornali. Capivo i ‘segni’ corrispondenti ai suoni che ascoltavo nei film. E soprattutto cominciai a vivere l’esperienza meravigliosa della sala cinematografica, uno spazio totalmente ‘altro’, con quello schermo enorme, il buio, la musica".

Oggi di sale ne sono rimaste poche. Una volta invece...

"In città ce n’erano moltissime. Il Cinema Teatro Vittorio Emanuele, diventato poi Metropolitan, il Marchetti, che sostituì il Salone Dorico, l’Adriatico, poi Alhambra, il Fiammetta, poi Salotto. La prima sala in assoluto fu l’Iris, in via Villafranca. Ci andavano anche i soldati della Prima guerra mondiale. I film avevano le didascalie, e la musica era suonata dal vivo".

Altre sale?

"Il Goldoni, l’Astra, dietro la chiesa di San Domenico, l’Enel, in via San Martino. Ma si può dire che ogni quartiere aveva il suo cinema. Persino Torrette. Alle Grazie c’era la sala dei Ferrovieri, a Posatora il Cinema Lux E poi c’erano le sale parrocchiali. Alcune hanno resistito, come il Cinemazzurro, l’Italia e il Galleria. Gli stessi oratori proiettavano film, di solito la domenica. Da ricordare anche le arene estive, come la Vallechiara, al Salotto. Nel secondo dopoguerra di pensò addirittura di trasformare le Muse in un super cinema".

Poi cosa è accaduto?

"A un certo punto arrivò il successo della televisione. Accadeva che nelle sale ci si collegava con la tv per far vedere trasmissioni come ‘Il Musichiere’ e ‘Lascia o raddoppia?’ Un fenomeno strano, che preannunciava il cambiamento, la perdita del senso magico del cinema, destinato a diventare qualcosa di domestico, banalizzato. Il trionfo della tecnologia ha ridotto le distanze, ha fatto perdere fascino all’esperienza cimeatografica, ha trasformato la ritualità in abitudine. Oggi scegli un film come sceglieresti una pizza, o un prodotto al supermercato. Basti pensare a certi film di Natale. Tutto è a portata di mano, pronto da consumare".

Oggi siamo nell’era di internet e degli smartphone.

"Il cambiamento lo vedo soprattutto nei giovani, incapaci di concentrarsi, sempre più isolati in una dimensione dove il virtuale diventa più reale del vero. Questa invasione di immagini distrugge l’incanto, il mistero. Così non si perde solo una suggestione. Nei giovani c’è una decrescita cognitiva. Il pensiero arretra. E’ una grande perdita. Si parla tanto di ecologia, di difesa dell’ambiente. Ma c’è anche un’ecologia dell’anima, dei sentimenti. Se non la proteggiamo il mondo sarà sempre più disumanizzato".

Raimondo Montesi