Ancona, 14 febbraio 2024 – "Uno tsunami di acqua e fango", espressione in voga in quei giorni drammatici dell’alluvione nelle Marche, che travolse tutto. Ma che, almeno per i parenti delle vittime, avrebbe potuto risparmiare quelle 13 vite "se solo avesse funzionato meglio il sistema di allertamento e se si fosse intervenuti nella prevenzione, con un’adeguata manutenzione dei fiumi Misa e Nevola nel corso degli anni", dicono.
Un pensiero che è comune anche a Tiziano Luconi, papà del piccolo Mattia, otto anni, la più giovane vittima dell’alluvione delle Marche, la grande calamità naturale che, il 15 e il 16 settembre 2022, provocò anche miliardi di danni soprattutto nell’Anconetano e nel Pesarese.
Tiziano, quella sera, salutò Mattia per l’ultima volta intorno alle 20. Il bimbo, assieme alla madre, mentre era diretto in auto verso casa, ma non vi arrivò mai: fu travolto dalla piena in località Ripalta, poco a nord di Barbara. Lo trovarono otto giorni dopo senza vita in un campo a Trecastelli, mentre la madre, Silvia Mereu, viva per miracolo, all’indomani della catastrofe. “Torneremo in vespa a tirar baci”, il contenuto di un post social di Tiziano Luconi assieme al suo piccolo Mattia in un momento spensierato. L’ultimo ricordo, invece, “quel ciao con la manina”. Prima della fine.
Cosa pensa delle ultime notizie sul fronte giudiziario?
"Penso sia utile verificare se effettivamente ci siano state delle mancanze, specie nel sistema di allertamento e nella prevenzione che a mio parere sono stati i due grandi flop. È assurdo che nel 2022 si sia verificata una cosa simile. Ora è doveroso andare a fondo sulla vicenda".
E cosa chiede?
"La natura continua a mandarci dei segnali inequivocabili, che sono di sofferenza. Serve prendersene cura, sapendo che le conseguenze sono tutte a carico nostro. E quindi dico: a prescindere da quello che accadrà a livello giudiziario, la tragedia che abbiamo vissuto non si ripeta mai più e serva da monito".
Cosa auspica?
"In primis ritengo ci si debba occupare meglio dei fiumi. Quei lavori non fatti, andavano fatti a priori. Penso alla pulizia degli alvei, ad esempio. Se quei tronchi fossero stati rimossi per tempo, non avrebbero fatto da barriera nei ponti che sono saltati. Allo stesso tempo bisogna mettere in sicurezza gli argini, con un adeguato piano di bonifiche, e anche le infrastrutture che s’intersecano con il fiume. Poi c’è l’aspetto della prevenzione, sul quale insisto".
Prego.
"Serve un sistema di allarme più incisivo, un apparato di spessore. Non so se ricorda il salvavita, che inviava dei messaggi e avvertiva nei casi di pericoli. Ecco, se la comunicazione fosse stata diretta, dai paesi che dal tardo pomeriggio erano già sott’acqua, chissà che la tragedia non si sarebbe potuta evitare. Sta arrivando il maltempo? Chiudiamo una strada, indirizziamo il traffico altrove. E invece...".
E invece presumo che i suoi ricordi portino sempre al ponte di Ripalta, dove Mattia e la madre Silvia, salva per miracolo, furono travolti?
"A poco prima. Quando mi ha detto ciao con la manina davanti casa, prima di salire nell’auto della mamma. Poi la telefonata di mio cognato, che mi avvisava che non erano tornati a casa. Sono corso al fiume ed è iniziato l’incubo. Mi creda, è una ferita che non si rimarginerà mai. Io lavoro, cerco di andare avanti come è ovvio che sia. Ma ogni volta che spunta una nuvola in cielo, i ricordi tornano a quella maledetta sera".