
di Pierfrancesco Curzi
"Siamo in ginocchio, per limitare i danni vogliamo sapere cosa è accaduto alle nostre barche dentro il capannone. Se non fosse stato per la solidarietà ricevuta sarebbe stata molto più dura". Cristiana Belardinelli è l’Amministratore unico del cantiere navale Cpn, titolare della concessione di un pezzo di capannone all’interno dell’ex Tubimar andato distrutto dal rogo del 16 settembre scorso. A due settimane esatte dalla notte d’inferno, una parte dei traffici e della logistica è ripartita grazie al lavoro e agli sforzi dell’Autorità portuale. L’unica realtà davvero colpita a fondo è proprio il Cpn della famiglia Belardinelli che può contare sulla sede principale, sempre alla Zipa ma in via Mattei, ma che contava molto su quel capannone. Il tempo passa e i vertici Cpn non conoscono ancora i danni alla loro porzione di ex Tubimar: "Lì dentro non si può entrare per motivi di sicurezza e di assicurazione – spiega Cristiana Belardinelli – ma noi dobbiamo sapere al più presto cosa dire ai nostri clienti. Nel capannone al momento del rogo c’erano manufatti per Fincantieri, Crn, Cantiere delle Marche e un prototipo di grande valore: un catamarano elettrico che era arrivato da Marotta tre giorni prima che scoppiasse l’inferno. Avevamo anche realizzato delle pale eoliche particolari commissionate dalla Comunità Europea da fornire alla Capitaneria di porto a Brindisi. In più vorremmo sapere cosa è successo alle due imbarcazioni ecologiche ‘Pelikan’ per la Garbage. Per fortuna lo yacht che abbiamo costruito per l’imprenditore Casoli, realizzato anche dentro quel capannone, è stato consegnato ad agosto".
Dopo il danno, ancora da quantificare per la Cpn, la necessaria ripartenza: "L’Autorità portuale, il suo presidente Giampieri, e il sindaco Mancinelli si sono dati da fare, ci vogliono aiutare, ma la faccenda è molto più grande di loro – aggiunge l’amministratore unico di Cpn – Qui dobbiamo trovare in fretta una soluzione altrimenti si chiude, la stessa fretta con cui i nostri clienti chiedono informazioni sui loro prodotti. Inoltre, c’è da tutelare la forza lavoro, tra le 50 e le 70 persone, diretti e indotto. Una parte sono andati a lavorare a Ravenna grazie a ditte amiche. In generale possiamo puntare su un Consorzio che ci consente di attivarci con altre realtà produttive, oltre Ravenna la Croazia, ma anche Civitanova Marche, ma si tratta di soluzioni per il breve periodo. Noi dobbiamo disporre di un’area dove poter produrre. Come Cpn non ci vogliamo spostare da qui, non è nostra intenzione lasciare Ancona, ma se saremo costretti non ci penseremo due volte". Infine l’incendio di quella notte e le cause: "Non spetta a noi arrivare alle conclusioni, una cosa è certa, noi siamo le vittime totali di questo terribile episodio".