Ancona, 12 ssettembre 2023 – "Ai giovani con disturbi alimentari dico: ’Riconoscete che avete un problema e fatevi aiutare’. Ho iniziato a soffrire di anoressia intorno ai 20 anni, ma adesso ho la fortuna di poterlo raccontare". Per Costanza Mignanelli, 34enne anconetana, sono stati gli ultimi 5 anni i più duri: un lungo periodo tremendo, che racconta nel libro ‘Il coraggio di piacersi’, edito da Amazon. Il ricovero in ospedale e la vita che riprende: niente più bugie per declinare inviti a pranzo o cene fuori, niente più cibo nascosto nelle tasche, sapori nauseanti o dolori immaginari a tavola. "Però, non si è mai guariti definitivamente", dice Costanza, laureata in lingue all’Università di Macerata dopo il diploma al Rinaldini.
In che senso non si guarisce, Costanza?
"Io nel libro l’anoressia l’ho salutata con una lettera: non voglio più rivederla. Ora è un punto debole, uno dei tanti che si hanno. Ma la cicatrice resta, ti accompagna per sempre".
Vada con ordine…
"Ho iniziato a soffrire di anoressia intorno ai 20 anni, relativamente tardi, ma già dall’adolescenza non mi piacevo. Facevo danza e vedevo che c’erano ragazze più belle e magre di me. Avevo dei continui up e down, ma gli ultimi 5 anni sono stati i più duri. Poi, il 27 dicembre 2015 inizia il momento più difficile della mia vita, il ricovero all’endocrinologia di Torrette, che mi porta a scrivere il libro. Non riuscivo più ad uscire dalla malattia. Pensi di controllarla, ma ti mangia dentro. È come un delirio di onnipotenza, credi di poter controllare vita, emozioni, sensazioni, ma non è così".
Cioè?
"Sentivo odori forti e profumi mentre mangiavo che venivano ingigantiti dalla mia testa. Avevo lo stomaco sotto sopra e bruciori continui, con giramenti di testa. Insomma, non riuscivo a sopravvivere bene o a passare una giornata intera senza malessere. Erano mesi in cui non mi svegliavo sana, non ero serena. Ad avermi aiutato è stata la mia condizione di salute ottimale. Quando sono nata, il ginecologo mi portava in giro per i reparti per quanto stessi in salute".
Come stava prima del ricovero?
"Ero immersa nell’acqua di un mare che continuava a risucchiarmi. È qualcosa di indomabile finché non ti dai una spinta. Parte tutto da te, ma nessuno si salva da solo. Ho chiesto aiuto alla famiglia, mi sono fatta aiutare. Ho fatto due settimane in ospedale in down totale, l’esperienza più brutta della mia vita. Che però mi ha permesso di uscirne, mangiando".
Le altre opzioni?
"Il sondino o la morte".
E lei ha scelto la terza, la vita…
"La vita è bellissima, è piena di emozioni e riserva così tante sorprese che non vale la pena di lasciarci mangiare da una malattia. Vede, tutto il bello che sto vivendo oggi mi arriva adesso che sono in equilibrio con me stessa e non prima, quando pensavo di controllare tutto. La felicità non si controlla, arriva quando meno te lo aspetti e quando sei più predisposto".
Questo è il frutto della psicoterapia?
"Quei 2 anni di psicologa mi hanno aiutato. Se ora ho dei momenti di difficoltà, gli strumenti per affrontarli li trovo dentro di me". Come la spiega la malattia? "L’anoressia non parte mai da un fatto estetico, prescinde dalla tua immagine allo specchio. È una richiesta di attenzione, una mancanza d’amore. Non è eccesso, è mancanza. E tu giochi in difesa, cercando fuori ciò che non trovi dentro di te e cioè autostima e amore proprio".
Che rapporto ha oggi col suo corpo?
"Va curato, ma non deve essere un’ossessione. Deve soltanto essere strumento per valorizzare il contenuto, che è l’anima".
Il peso più basso che ha raggiunto?
"45 chili".
Saltava i pasti?
"Sì, nascondevo il cibo. E declinavo ogni invito di pranzi o cene fuori. Ti allontani da tutti, dagli affetti, dagli amici, dalla famiglia"
Si sente bella, adesso?
"No, ma sono arrivata a un compromesso: di me, migliorerei tante cose, ma ho la salute e tutto ciò che serve, non ho bisogno d’altro. È questo il coraggio di piacersi".