Farlo finire in carcere, dopo una latitanza di oltre un anno, non era bastato a fare cessare l’attività di spaccio tra il capoluogo dorico e la Vallesina del boss palermitano Salvatore Fontana, 54 anni, finito in manette a novembre del 2023 per scontare una condanna definitiva di 8 anni e mezzo per fatti risalenti al 2015 (l’operazione Damasco). Era stato trovato in Spagna, a Figueres, con false generalità, mentre andava a giocare una schedina. E non era bastato nemmeno arrestare la moglie, Marianna Parisi, 54 anni, anche lei palermitana di Villabate, a febbraio scorso. Era stata trovava con la droga negli slip mentre andava a trovare il marito in carcere a Viterbo. I carabinieri avevano interrotto sul nascere un possibile spaccio di cocaina e hashish in carcere. Fontana infatti sarebbe riuscito, con cellulari di fortuna fatti passare in cella, a fare un ordine alla consorte per improntare un’attività illecita anche da recluso perché "l’hashish qua la vendono 40 euro al grammo" aveva detto al telefonino, intercettato dagli investigatori.
A distanza di nove mesi i carabinieri del comando provinciale di Ancona sono riusciti, con l’operazione "Vallesina 3" e focalizzando le indagini sul boss, a stroncare un traffico di droga gestito come se fosse una normale azienda di famiglia. Sei le ordinanze di custodia cautelare (emesse dal gip Carlo Masini su richiesta della Procura distrettuale antimafia con il pm Paolo Gubinelli che ha riconosciuto il vincolo associativo) eseguite ieri dai carabinieri del Nucleo Investigativo, diretti dal capitano Michele Dileo, tra Ancona e Cupramontana, dove hanno vissuto il boss e la moglie per anni. Sono state tutte per i parenti di Fontana. Quattro in carcere, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti: lui (che già era recluso), la moglie (che dopo l’arresto di febbraio aveva patteggiato a 2 anni e 8 mesi e attualmente era libera in affidamento in prova), la figlia Rosa Fontana, nata a Jesi, e il genero Daniele Paolillo, 31 anni, napoletano. Due ai domiciliari con il braccialetto elettronico, accusati solo di spaccio di sostanze stupefacenti: il fratello Vittorio Fontana, 51 anni, palermitano e il nipote Riccardo Fontana, 30 anni, nato ad Ancona.
Stando alle accuse il boss Salvatore avrebbe mantenuto i rapporti con i fornitori della droga anche in carcere, servendosi della moglie e a cui avrebbe dato indicazioni su dove consegnare lo stupefacente usando parole in codice come "la bianca" per la coca e "la nera" o "cioccolata fondente" per l’hashish. La moglie si sarebbe occupata di recuperare il denaro di vecchie cessioni di droga e tenere la contabilità. "Un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro – ha spiegato il colonnello Roberto Di Costanzo, comandante provinciale dei carabinieri – non quantificare con esattezza perché c’è una parte di cessioni e acquisti occulti".
La figlia del boss avrebbe tenuto il padre sempre al corrente dell’attività illecita. Il genero avrebbe tenuto la droga e l’avrebbe preparata e consegnata alle persone indicate dal boss. Gli altri si sarebbero occupati di qualche cessione. Una family dello spaccio dotata anche di un libro mastro (con la droga venduta e i soldi da incassare), sequestrato già a febbraio insieme a quasi due chili di droga trovati a casa del genero, insieme a 14 panetti di hashish nascosti dentro degli scalini fiutati dai cani Kevin e One. Sei le persone indagate a piede libero.