La caduta dalle scale dopo un litigio per gelosia non regge. Andrà a processo per il delitto della moglie il marocchino Tarik El Ghaddassi, 42 anni. Ieri è arrivato il rinvio a giudizio deciso dal gup Alberto Pallucchini. L’accusa è da ergastolo: omicidio volontario pluriaggravato dalla crudeltà, dai futili motivi, dai maltrattamenti, dalla presenza delle figlie minorenni e da quella di aver commesso il fatto durante l’esecuzione di una pena visto che era agli arresti domiciliari (per un fatto pregresso di altra natura) quando avrebbe ucciso di botte Ilaria Maiorano, 41 anni, mamma di due bimbe di 5 e 8 anni. Il processo si aprirà il prossimo 19 dicembre davanti alla Corte di Assise.
Gli occhiali da vista neri, i capelli rasati, una cartellina azzurra per coprirsi la faccia mentre la polizia penitenziaria lo scortava in aula. C’era anche l’imputato ieri in tribunale. Nella stessa aula di udienza, al quinto piano, c’erano la madre della vittima, Silvana, e il fratello, Daniele. Schivavano il clamore della stampa e si sono limitati a pochi commenti come questo: "Trovarcelo davanti è stato doloroso". Ancora vivo per loro il dolore.
L’omicidio risale all’11 ottobre scorso, a Padiglione di Osimo. Nell’abitazione di via Montefanese è stata trovata morta la loro Ilaria, colpita più volte con violenza, come ha stabilito l’autopsia. Ad ucciderla, stando alle accuse ribadite anche ieri dal procuratore aggiunto Valentina D’Agostino, sarebbe stato proprio Tarik. Da quel giorno il marocchino è finito in carcere a Montacuto e lì rimarrà fino alla durata del processo. La sua versione dei fatti è stata sempre quella che Maiorano sarebbe caduta dalle scale, dopo un litigio, per poi rialzarsi e andare a dormire nella cameretta delle due figlie, dove è stata trovata la mattina dopo, in una pozza di sangue. Una versione che non ha mai convinto la Procura che già a fine giugno scorso, nella chiusura delle indagini, aveva descritto i particolari del delitto. La donna sarebbe stata lasciata sei ore in agonia dopo le percosse. Tarik avrebbe colpito la moglie "in modo reiterato, con pugni e schiaffi" utilizzando anche una sedia e un pezzo di legno. Lesioni così gravi da causarne la morte.
Le figlie minorenni, affidate ad un tutore, l’avvocato Arianna Benni, si sono costituite parte civile con l’avvocato Giulia Marinelli che chiede un risarcimento di 390mila euro per figlia. "Questo rinvio a giudizio è un atto dovuto – ha commentato il legale delle bambine – è un primo passo verso la giustizia anche se nessuna condanna potrà lenire le sofferenze delle piccole e restituire loro la mamma". Anche i familiari di Maiorano si sono costituiti parte civile con l’avvocato Enrico Ciafardini. "Siamo soddisfatti – ha detto il legale – attendiamo il dibattimento".
E’ stata ammessa al processo, come parte civile, anche l’associazione "Il giardino segreto" che si occupa di orfani da femminicidi. Per la difesa dell’imputato, l’avvocato Domenico Biasco, non può essere stato un omicidio volontario. "Tarik non ha voluto uccidere la moglie – ha osservato Biasco – lo dimostreremo nel processo". Quando ha visto la donna esanime, al mattino, il marito avrebbe cercato di rianimarla.