Dina, la storia incredibile di una donna abbiente il cui testamento ha innescato cause giudiziarie e un’autentica caccia al tesoro. Dina Catalucci è morta il 6 luglio del 2010 in una casa di riposo di Ancona. Aveva 90 anni (nata il 18 novembre 1920) ed era rimasta praticamente sola, o quasi. Il marito, Vincenzo Zingaretti, era stato Presidente della Provincia di Ancona nel secolo scorso e la figlia, ricoverata alcuni anni prima della morte della madre in una struttura specializzata, era deceduta nel 2007. La sua era stata una vita agiata al punto da avere, assieme a suo marito, un autentico patrimonio, immobiliare e non.
Gli ultimi anni della sua esistenza sono stati molto tribolati; dopo la morte del marito il dolore per la malattia della figlia, morta tre anni prima di lei. La Catalucci ha vissuto prettamente nel palazzo di via Frediani, soprattutto nell’ultima parte, coccolata dall’affetto di Lilla, la sua adorata cagnolina. Proprio l’amore per i cani, nei primi anni del terzo millennio, ha avvicinato la donna a Gabriele Schiavoni che si occupava proprio dei nostri amici a quattro zampe. Non avendo altri familiari diretti in vita, a parte una nipote, Dina Catalucci negli anni precedenti alla sua morte ha stipulato un regolare testamento olografo davanti a un notaio anconetano in cui lasciava la gestione dei suoi beni proprio a Schiavoni, ma con la finalità di destinare quel patrimonio ai poveri e ai bisognosi. Una scelta incontrovertibile e suffragata da un atto ufficiale che ha innescato la reazione della nipote della Catalucci che chiedeva di annullare il testamento e di ricevere tutti i beni della zia. Ne è scaturita una feroce battaglia giudiziaria giunta fino ai giorni nostri in cui il tribunale di Ancona ha dato torto alla nipote confermando la volontà della defunta. La Corte D’Appello, nel dicembre 2020 ha confermato la sentenza di primo grado, datata aprile 2015, e solo allora la nipote ha deciso di mollare evitando di finire in Cassazione dove l’esito sarebbe stato altrettanto scontato. Nel frattempo la controparte in causa è stata sostenuta proprio da Schiavoni che ha investito tanti soldi per le pratiche giudiziarie e adesso non accetta che la casa di via Frediani, valore tra 250 e 280mila euro, vada al Comune. In ogni caso, sia lui che l’amministrazione avrebbero dovuto rispettare la volontà di Dina di lasciare tutto a poveri e bisognosi.