
Gli oceani stanno diventando una pattumiera Così si sono formate sette isole di immondizia
Circa otto milioni di tonnellate di rifiuti invadono le acque dei mari di tutto il mondo. Attraverso la forza delle correnti oceaniche, come un grande "effetto lavandino", si creano delle concentrazioni di spazzatura in zone specifiche degli oceani: le cosiddette "Isole di Plastica". Nel mondo ce ne sono sette: si trovano nell’oceano Atlantico, in quello Pacifico, in quello Indiano fino a raggiungere il Circolo Polare Artico. La più antica è la "Great Pacific Garbage Patch", cioè l’"Isola di Plastica più grande del mondo", si trova a largo della California ed è tra essa e l’Arcipelago Hawaiano. Venne scoperta da Charles Moore un capitano di marina e oceanografo che nel 1997, confermando le ricerche degli anni ‘80, attraversò per la prima volta l’ammasso di plastica. La superficie di questo accumulo di rifiuti è confrontabile almeno alla superficie dell’Australia ed è composto da ottantamila tonnellate di rifiuti vari. Le cause principali della formazione delle "isole" sono lo scarico di spazzatura in mare da parte delle grandi industrie e il comportamento irresponsabile dell’uomo. Inoltre, il vento trasporta in acqua molti scarti dalle discariche e, con l’azione delle correnti d’aria che danno origine a vortici perenni, creano l’accumulo della plastica. Questi materiali ostacolano il passaggio della luce solare condizionando in maniera negativa l’ambiente marino sottostante. La degradazione di questi rifiuti emette dei gas che vanno ad aumentare l’effetto serra e per di più molti animali come pesci, tartarughe, delfini, balene e uccelli marini, scambiano questi detriti come cibo, oppure ne rimangono incastrati, non riuscendo a sopravvivere. Per non parlare del pesce che mangiamo: è stato dimostrato che una persona che consuma abitualmente pesce, introduce nel suo corpo l’equivalente in plastica di una carta di credito a settimana. Le "Isole di Plastica" costituiscono un problema enorme,basti pensare che per raggiungere lo stesso peso dovremmo mettere sulla bilancia circa due miliardi di elefanti. Rappresentano comunque solo una delle tante conseguenze dell’inquinamento dell’uomo e necessitano urgentemente di un intervento attivo.
Gli alunni della 5ª G