PIERFRANCESCO CURZI
Cronaca

Dina, un’eredità milionaria: "Io, escluso senza motivo. E’ assurdo che sia il Comune a gestire tutti i suoi beni"

Gabriele Schiavoni, regista e imprenditore teatrale esce allo scoperto sul caso degli immobili che l’anziana ha destinato a "poveri e bisognosi": "Un milione di euro in diverse banche".

Gabriele Schiavoni è stato assistito da un avvocato nella sua battaglia

"Sono pronto a girare un docufilm inchiesta per raccontare l’incredibile storia di Dina, del suo patrimonio scomparso tra tutor e interessi di parte e di un testamento che non ha rispettato la sua volontà. Già questo mese inizierò le riprese".

Gabriele Schiavoni, regista e imprenditore teatrale anconetano (per anni ha gestito, tra gli altri, il Museo del Giocattolo e l’annesso teatro di vicolo Bonarelli, in pieno centro storico), è il tassello centrale dell’incredibile vicenda e al tempo stesso è stato e probabilmente resterà "cornuto e mazziato" in questa storia dopo aver investito decine di migliaia di euro nella lunga causa giudiziaria intentata dalla nipote di Dina Catalucci per contestare il testamento olografo: "Ho fatto di tutto per tutelare e far rispettare il volere di Dina _ racconta al Carlino Schiavoni, difeso dall’avvocato Flavio Belelli _ e alla fine ci sono riuscito.

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I suoi beni, a partire dall’appartamento di via Frediani, non sono finiti a favore della nipote, come lei aveva chiaramente espresso in vita, ma certo non mi aspettavo che l’uso di quella casa sarebbe finito in comodato al Comune. Chissà cosa ci faranno adesso, se rispetteranno il vincolo disposto dal testamento". Un testamento di cui non è stato riconosciuto un dettaglio decisivo, come abbiamo direttamente potuto accertare osservando le carte. La scrittura a mano di Dina Catalucci non ammetteva repliche: ‘Lascio tutti i miei beni al signor Gabriele Schiavoni che dovrà gestire il patrimonio e donarlo ‘ai poveri e ai bisognosi’. Questa declinazione ha spinto i giudici a passare i beni della defunta all’ente più diretto, seguendo una norma stabilita dal codice. Una decisione che Schiavoni contesta: "Sia l’appartamento di via Frediani che la villa di Numana (un’altra proprietà immobiliare della Catalucci, non la sola, ndr.) e tutto il resto del suo patrimonio dovevano andare per quello scopo e io in questi oltre dodici anni ho sempre operato coinvolgendo una serie di associazioni a cui donarlo.

È assurdo che sia il Comune di Ancona a godere dell’uso di quell’appartamento" aggiunge Schiavoni che poi introduce un capitolo davvero oscuro di questa storia: "Negli ultimi anni di vita Dina, e ancor prima la figlia, è stata seguita dai servizi sociali e ha avuto attorno una serie di persone che si sono approfittate di lei. Quando l’ha capito era troppo tardi. Resta un mistero, su cui bisognerebbe che la magistratura indagasse, la fine dei conti correnti aperti in diverse banche della città. Parliamo di un patrimonio liquido di poco inferiore al milione di euro di cui sono perse le tracce. Dispongo di tutte le carte, delle cifre precise, banca per banca, tutti istituti della città. Non dovrebbe essere così difficile per gli investigatori capire che fine abbiano fatto quei soldi". Schiavoni ricorda anche il suo rapporto con la signora Catalucci: "Dina non era una persona facile, aveva il suo carattere.

Per questo dubitava e cercava di allontanare tutta quella serie di persone che le giravano attorno per interesse. Io al tempo mi occupavo di cani e un giorno di tanti ani fa ero andato da lei per aiutarla con la sua Lilla; la portavo fuori, la facevo giocare. Col tempo Dina, che non ha mai perso la sua lucidità, ha preso fiducia nei miei confronti, anche dopo il 2007 quando, rimasta sola e non in grado di essere autosufficiente, è stata messa in una casa di riposo dove è morta nel 2010. Proprio per la fiducia che riponeva in me ha deciso di scrivere quel testamento di suo pugno. Sia chiaro, io non avrei avuto un euro da quella donazione, avrei solo dovuto gestire il passaggio alle associazioni che si occupano appunto dei poveri e dei bisognosi, comprese quelle per la tutela degli animali, come suo espresso volere". L’intera storia è confermata dall’avvocato Flavio Belelli: "È stata applicata la legge. Certo il mio cliente ci ha rimesso molto del suo. Speriamo si possa avere un dialogo costruttivo con questa amministrazione e trovare una soluzioni che possano giovare alle parti".