MARINA VERDENELLI
Cronaca

Dimessa dal pronto soccorso. Muore a casa dopo 15 ore

La tragedia di una donna di 62 anni, a processo dottoressa e direttore sanitario "Fatali broncopolmonite ed emorragia intestinale, le diagnosticarono una colica".

Dimessa dal pronto soccorso. Muore a casa dopo 15 ore

Dimessa dal pronto soccorso. Muore a casa dopo 15 ore

Dimessa dal pronto soccorso per una colica intestinale, muore dopo quindici ore, a casa, tra le braccia del marito. I familiari della donna, che aveva 62 anni, sospettano che ci siano state negligenze da parte del personale medico e sanitario che ha seguito la paziente, arrivata all’ospedale di Jesi con sintomi da vomito e non respirando molto bene. Fatta una denuncia, ora sarà il tribunale di Ancona a stabilire la verità. Davanti al giudice Matteo Di Battista è in corso un processo per omicidio colposo a carico di un direttore sanitario di 65 anni e una dottoressa di 49, in servizio al pronto soccorso la notte in cui è arrivata la paziente, a bordo di una ambulanza. Era il 22 luglio 2019 quando la 62enne aveva fatto accesso in struttura. Erano da poco passate le 5. Durante la notte il marito si era accorto che respirava male e aveva chiamato il 118. La paziente, già con problemi di salute e costretta su una sedia a rotelle, era stata vistata dal personale in servizio che al mattino del 24, era mezzogiorno, l’aveva dimessa diagnosticandole una colica intestinale. Poco dopo le 3 di notte, a casa, un nuovo malore e la morte. Stando alle accuse non sarebbero stati fatti accertamenti approfonditi perché la paziente morì per una broncopolmonite non diagnosticata e un’emorragia del tratto intestinale. Nell’udienza che si è tenuta ieri, davanti al giudice Matteo Di Battista, ha testimoniato il marito della donna deceduta, parte civile con i due figli con l’avvocato Moreno Misiti. "Mia moglie faceva fatica a deglutire – ha riferito in aula il coniuge, 70enne – e dopo diverse ore è stata mandata a casa. Mi è morta tra le braccia, è stato rapidissimo. In pronto soccorso avevo parlato con un medico e una ragazza, mi avevano detto che era tutto a posto e la dimettevano. Si erano raccomandati di farla bere, mi hanno dato un integratore. A casa ha continuato a fare la terapia che già faceva prima". Il vedovo ha poi osservato come con la moglie aveva vissuto quarant’anni di vita insieme, lavorandoci anche nell’attività di famiglia. "Ora sto sempre dentro casa – ha detto –, sono anche andato in depressione". L’autopsia che la Procura aveva disposto sulla moglie, effettuata dal medico legale Adriano Tagliabracci, aveva stabilito che ci sarebbe stata un’assistenza non adeguata e non erano stati fatti i necessari accertamenti diagnostici per individuare le cause del disturbo lamentato dalla paziente. Di tutt’altro avviso i medici sotto accusa che hanno ritenuto di aver fatto tutti gli esami previsti. Entrambi sono difesi dall’avvocato Alessandro Scaloni. Ora l’udienza il 16 maggio.