Non c’era verso che andasse d’accordo con la madre. In casa, per sette anni, la donna avrebbe subito offese, umiliazioni e anche aggressioni fisiche dalla figlia, avuta in età molto giovane e poi cresciuta senza il padre accanto. Alle liti accese seguivano la rottura degli arredi in casa. Una volta gli avrebbe fatto a pezzi anche il cellulare. Nell’ultimo intervento della polizia, avvenuto questa estate a luglio, la figlia è stata raggiunta da un provvedimento di misura cautelare, l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinarsi alla madre da cui doveva stare ad almeno 500 metri di distanza. Diverse le denunce inoltrate dal genitore, un’anconetana di 50 anni, che hanno portato a processo la figlia, oggi 26enne, per maltrattamenti in famiglia.
Ieri il procedimento è arrivato a sentenza davanti alla giudice Paola Moscaroli. Prima del verdetto è stata sentita in aula l’imputata, anche lei di Ancona, difesa dall’avvocato Erica Micucci. La giovane ha parlato solo di "tensioni familiari, l’inadeguatezza genitoriale che è sfociata su di me - ha detto - mai avrei pensato di parlarne in un’aula di tribunale". Poi ha sottolineato come la madre "è sempre stata il mio punto di riferimento" e che nel periodo delle liti era molto stressata per il lavoro e gli studi. Per evitare che altri giovani patiscano quello che ha patito lei in adolescenza si è iscritta all’università di Scienze Sociali a Bologna dova fa volontariato in carcere e va nelle scuole a parlare di giustizia riparativa. La giudice l’ha assolta perché il fatto non sussiste. Madre e figlia a fine udienza si sono strette in un forte abbraccio. La misura cautelare che aveva la 26enne è decaduta con l’assoluzione. "Se per ritrovarci ho dovuto subire tutto questo – ha detto la giovane – va bene così".
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