"Mi è rimasta solo la giustizia, mia sorella non la riporterà in vita nessuno e allora mi attacco alla giustizia. Adesso si sta parlando tanto di violenza di genere e io credo si possa fare tanto. Sia prima, per prevenirla, ma servirebbero anche pene più severe". Il parallelo di Stefania Matteuzzi è tra quello che è successo a sua sorella Alessandra Matteuzzi, assassinata a martellate, calci, pugni e colpi di panchina dal suo ex fidanzato Giovanni Padovani, il 23 agosto del 2022, e il recente caso di Giulia Cecchettin. È l’incipit, a margine, della nuova udienza al processo a Padovani. Ieri, i periti della Corte d’assise presieduta dal giudice Domenico Pasquariello hanno discusso le conclusioni del loro lavoro, mirato a valutare la capacità di intendere e volere dell’imputato al momento del delitto. I professori Pietro Pietrini e Giuseppe Sartori, con la testista Cristina Scarpazza, hanno confermato: quelle capacità c’erano. Concordano i consulenti della Procura e della parte civile. Tutto al contrario invece dei consulenti della difesa, con lo psichiatra Alessandro Meluzzi, che definisce Padovani "un matto pericoloso: se avesse intrapreso prima le terapie farmacologiche alle quali è sottoposto ora non saremmo arrivati a questo punto". Incalzati dalla difesa, con l’avvocato Gabriele Bordoni che ha posto l’accento sul mancato svolgimento di molti esami previsti dai periti tra cui la risonanza magnetica e tutti i colloqui, e per cui alla prossima udienza chiederà vengano disposti dalla Corte, i periti della Corte hanno sottolineato di ritenere il ventisettenne pienamente capace di intendere e di volere. Anzi, avrebbe pure simulato sintomi psichici, che sono stati ritenuti "a bassa credibilità".
CronacaDelitto Matteuzzi, scontro sulla mente dell’assassino