Indagavano per usura ed estorsione, nei confronti di un macellaio titolare di un supermercato del centro, quando sono finiti in un presunto caso di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Da vittima il commerciante, titolare dell’attività, è diventato indagato insieme alla moglie (a cui sarebbe intestata la ragione sociale del supermercato), a un loro conoscente (tutti e tre sono italiani e risiedono tra Ancona e Falconara) e due bengalesi che lavoravano in un Caf per reclutamento di manodopera straniera. L’avviso di conclusione indagini per i cinque sospettati, che hanno tra i 27 e i 38 anni, è stato notificato in questi giorni alle parti dalla Squadra mobile della polizia che per mesi ha osservato spostamenti e soprattutto ha intercettato conversazioni che hanno portato la Procura, con il pubblico ministero Marco Pucilli, a chiudere l’inchiesta con accuse gravi ma per le quali non è scattata nessuna misura cautelare (sono tutti indagati a piede libero).
La vicenda giudiziaria ha visto come principale indagato il macellaio che, in concorso con gli altri, avrebbe presentato numerose richieste di regolarizzazione sul territorio italiano di cittadini stranieri (in relazione al decreto flussi 2024) da impiegare nella propria attività fittiziamente, per far ottenere loro il visto di ingresso in Italia. Tutti e cinque poi avrebbero ottenuto dei soldi da parte degli stranieri, almeno 5mila euro a pratica, che riuscivano ad ottenere dietro la garanzia di un lavoro che li attendeva ad Ancona. Moglie, marito, conoscente e i due bengalesi avrebbero, stando alle accuse, facilitato le procedure di registrazione in un apposito portale del ministero (con una procedura telematica) producendo documenti falsi.
Gli agenti della Squadra mobile, diretta dal vice questore Carlo Pinto, insieme alla Prefettura e all’ispettorato del Lavoro di Ancona, hanno intercettato queste fittizie assunzioni facendo rigettare le richieste presentate dagli indagati. Una buona parte, sempre stando alle accuse, l’avrebbero fatta i due bengalesi del Caf i quali reclutavano per conto del macellaio la manodopera da far arrivare in Italia. Inizialmente il numero per le fittizie regolarizzazioni sarebbe stato per 50 persone poi però sarebbe stato difficile giustificare così tanto personale da assumere e il numero sarebbe drasticamente sceso. Le pratiche avrebbero riportato la ragione sociale del supermercato intestato alla moglie del macellaio.
Stando alle accuse il denaro così guadagnato per le pratiche sarebbe servito a pagare debiti per i quali il commerciante sarebbe finito sotto scacco come vittima di usura ed estorsione. Era stato lui, ad inizio 2024 a denunciare una situazione insostenibile alla polizia che, ad aprile scorso, arrivò ad arrestare padre e figlio (entrambi giostrai) che avrebbero prestato soldi a strozzo al macellaio. Il commerciante si era trovato in difficoltà economiche e a fronte di un debito di 7mila euro i due arrestati (di 48 e 27 anni, originari dell’Abruzzo) gliene avrebbero chiesti almeno 27mila, con interessi che lievitavano di mese in mese. Padre e figlio sarebbero arrivati anche a puntargli una pistola addosso.
Il macellaio e la moglie, difesi dall’avvocato Massimiliano Castagna, del foro di Ascoli, respingono le accuse. "I miei assistiti non c’entrano nulla – dice l’avvocato Castagna – Lui stava solo cercando personale per l’attività poi quando ha capito che c’era qualcosa di strano si è subito ritirato. Chiariranno ogni fatto".
Anche il terzo italiano, loro conoscente, si sarebbe trovato in mezzo a delle intercettazioni che chiarirà quanto prima. È difeso dall’avvocato Alessio Giovannelli.