Ancona, 8 giugno 2019 - Cameyi Mosammet è scomparsa il 29 maggio del 2010 ed è stata dichiarata morta a fine giugno dello scorso anno, dalla Procura di Macerata. L’esame del dna su un dente trovato tra un mucchio di ossa rinvenute tre mesi prima (era il 28 marzo 2018) in un terreno vicino all’Hotel House di Porto Recanati ha evidenziato che era quello della bengalese 15enne che viveva nel capoluogo dorico con la famiglia. Quella mattina doveva andare a scuola alle Marconi, dove frequentava la terza media. Il padre (poi morto), si era rivolto alla polizia denunciandone la scomparsa. Le ricerche della squadra mobile dorica hanno portato ad indizi che conducevano all’Hotel House. Lì era stata con il fidanzatino, Monir Kazi inizialmente indagato per sottrazione di minore e poi per omicidio e occultamento di cadavere. Per la Procura la ragazzina è stata uccisa e sotterrata.
Ha ricordato elementi nuovi (FOTO) e ha voluto fornirli agli inquirenti. Dissensi che la figlia avrebbe avuto con la famiglia del fidanzatino, l’unico indagato per la morte della minore. In questura la mamma di Cameyi Mosammet, Fatema. La donna è stata accompagnata nei giorni scorsi dall’avvocato Luca Sartini, il legale dell’associazione Penelope che segue la famiglia della 15enne bengalese uccisa e gettata dentro un pozzo dove dopo otto anni sono stati ritrovati i suoi resti. Fatema ha voluto rilasciare nuove informazioni e ha voluto farlo dopo che le sono stati consegnati gli esiti dell’autopsia effettuati sui resti delle ossa trovate all’Hotel House di Porto Recanati il 28 marzo 2018.
«Era anche giusto – spiega Sartini – perché l’ultima volta che aveva parlato era stata nel 2010, poco dopo la scomparsa e in un contesto molto diverso. Se ha fornito nuovi elementi per le indagini? Lo valuterà la Procura». Fatema è stata sentita ad Ancona, dalla polizia giudiziaria che ha trasmesso il suo racconto alla polizia di Macerata. Questo non cambierebbe il quadro probatorio già delineato dagli inquirenti e che vede accusato per la morte della minorenne Monir Kazi (all’epoca 20enne) il fidanzatino, suo connazionale. Dopo il ritrovamento delle ossa a Porto Recanati il fascicolo è passato dalla Procura dorica a quella maceratese. La mamma di Cameyi avrebbe messo insieme dei tasselli ricordando meglio certe circostanze e fornendo un racconto più completo sul rapporto della figlia con Monir, con il quale Cameyi avrebbe passato quella mattina del 29 maggio 2010, a Porto Recanati, invece di andare a scuola. Insieme sarebbero andati all’Hotel House dove la minorenne sarebbe stata poi uccisa.
Quello stesso giorno, di pomeriggio, Monir accusa un malore e una ambulanza lo porta in ospedale per accertamenti. Cosa ha fatto o casa ha visto fare? L’indagato è stato espulso dall’Italia nel 2011 ed è ritornato nel suo paese. La Procura attende ancora che gli vengano notificati i nuovi atti a suo carico. Operazioni queste, trattandosi di un paese che non fa parte di uno stato membro e con il quale non ci sono protocolli ufficiali, sono lunghe e complesse. «Anche di recente – spiega Giovanni Giorgio, il procuratore capo di Macerata - abbiamo sollecitato la richiesta di notificargli gli atti in Bangladesh. Sappiamo dove è Monir». Ma il paese è poco collaborativo. Senza notifiche il fascicolo rimane fermo e quindi anche un eventuale interrogatorio a suo carico già chiesto ma per il quale non si è mai presentato. Ad Ancona è rimasta a vivere la sorella dell’indagato che però non avrebbe più contatti diretti con il fratello. Intanto per riavere i resti di Cameyi, e far fare alla famiglia il funerale della 15enne, l’avvocato Sartini sta valutando di presentare una istanza per chiedere il dissequestro delle ossa.